La conservazione attraverso approcci poco invasivi e basati sull’impiego di biopreservanti naturali rappresenta un’emergente e promettente tematica di studio nell’ambito della produzione di bevande alcoliche fermentate a base di cereali. Sebbene la birra sia un ambiente ostile alla crescita microbica, alcuni microrganismi, quali lieviti selvatici, i batteri lattici (LAB) e i batteri Gram-negativi sono in grado di crescere producendo un impatto negativo sulla qualità della birra. La filtrazione sterile o la pastorizzazione sono strumenti efficaci nella garanzia della stabilità della birra ma compromettono la qualità della bevanda provocando, in particolare, un'elevata riduzione di composti essenziali, con conseguente decadimento delle caratteristiche sensoriali, quali la schiuma, il colore, l'amaro e i profumi. Sulla base di tali considerazioni, sta emergendo un interesse crescente nei confronti di antimicrobici naturali provenienti da microrganismi, piante o animali per la conservazione della birra. Il luppolo, anche nell’ottica di rispondere al requisito “cleen label”, sembra essere l'agente protettivo di maggiore interesse. Il presente lavoro ha inteso valutare l’attività antimicrobica di differenti ecotipi selvaggi di luppolo e accertare la loro idoneità nel processo produttivo di birre artigianali. A tal proposito, a partire da coni di luppolo, appena raccolti nell’areale molisano, sono stati ottenuti estratti acquosi (mediante macerazione per 48 ore a freddo solo con acqua) ed estratti idroalcolici (mediante macerazione con una soluzione idroalcolica al 6% -v/v-). L’azione antimicrobica è stata valutata, mediante tecnica agar well diffusion, contro quattro ceppi di batteri lattici riferibili a specie responsabili di alterazioni delle birre, quali Lactiplantibacillus plantarum, Levilactobacillus brevis, Pediococcus acidilactici, Fructilactobacillus lindneri. L’idoneità dei luppoli alla produzione di birra è stata valutata mediante birrificazione artigianale di mosto Blonde Ale amaricato e aromatizzato con una miscela dei sei ecotipi di luppolo indigeno. Al termine della rifermentazione e maturazione in bottiglia, è stata effettuata l’analisi sensoriale della birra da parte di un panel addestrato. Il luppolo commerciale è stato utilizzato come controllo sia nelle prove di antimicrobicità sia nella microbirrificazione. Dai risultati è emerso che gli estratti, sia idroalcolici sia acquosi, hanno prodotto contro tutti i ceppi indicatori una attività inibente costantemente e significativamente superiore rispetto al luppolo commerciale. Dalle analisi sensoriali, inoltre, appare evidente che il luppolo selvatico ha risposto bene sia in termini di amaricatura sia di aromatizzazione esaltando, rispetto alle birre con luppolo convenzionale, le note erbacee e fruttate senza produrre alcun off-flavour.

Valutazione dell’attività antimicrobica di luppolo indigeno per la produzione di birra artigianale

Testa B.;Lombardi S. J.;Tremonte P.;Sorrentino E.;Iorizzo M.;Coppola R.
2022-01-01

Abstract

La conservazione attraverso approcci poco invasivi e basati sull’impiego di biopreservanti naturali rappresenta un’emergente e promettente tematica di studio nell’ambito della produzione di bevande alcoliche fermentate a base di cereali. Sebbene la birra sia un ambiente ostile alla crescita microbica, alcuni microrganismi, quali lieviti selvatici, i batteri lattici (LAB) e i batteri Gram-negativi sono in grado di crescere producendo un impatto negativo sulla qualità della birra. La filtrazione sterile o la pastorizzazione sono strumenti efficaci nella garanzia della stabilità della birra ma compromettono la qualità della bevanda provocando, in particolare, un'elevata riduzione di composti essenziali, con conseguente decadimento delle caratteristiche sensoriali, quali la schiuma, il colore, l'amaro e i profumi. Sulla base di tali considerazioni, sta emergendo un interesse crescente nei confronti di antimicrobici naturali provenienti da microrganismi, piante o animali per la conservazione della birra. Il luppolo, anche nell’ottica di rispondere al requisito “cleen label”, sembra essere l'agente protettivo di maggiore interesse. Il presente lavoro ha inteso valutare l’attività antimicrobica di differenti ecotipi selvaggi di luppolo e accertare la loro idoneità nel processo produttivo di birre artigianali. A tal proposito, a partire da coni di luppolo, appena raccolti nell’areale molisano, sono stati ottenuti estratti acquosi (mediante macerazione per 48 ore a freddo solo con acqua) ed estratti idroalcolici (mediante macerazione con una soluzione idroalcolica al 6% -v/v-). L’azione antimicrobica è stata valutata, mediante tecnica agar well diffusion, contro quattro ceppi di batteri lattici riferibili a specie responsabili di alterazioni delle birre, quali Lactiplantibacillus plantarum, Levilactobacillus brevis, Pediococcus acidilactici, Fructilactobacillus lindneri. L’idoneità dei luppoli alla produzione di birra è stata valutata mediante birrificazione artigianale di mosto Blonde Ale amaricato e aromatizzato con una miscela dei sei ecotipi di luppolo indigeno. Al termine della rifermentazione e maturazione in bottiglia, è stata effettuata l’analisi sensoriale della birra da parte di un panel addestrato. Il luppolo commerciale è stato utilizzato come controllo sia nelle prove di antimicrobicità sia nella microbirrificazione. Dai risultati è emerso che gli estratti, sia idroalcolici sia acquosi, hanno prodotto contro tutti i ceppi indicatori una attività inibente costantemente e significativamente superiore rispetto al luppolo commerciale. Dalle analisi sensoriali, inoltre, appare evidente che il luppolo selvatico ha risposto bene sia in termini di amaricatura sia di aromatizzazione esaltando, rispetto alle birre con luppolo convenzionale, le note erbacee e fruttate senza produrre alcun off-flavour.
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