La pesca del “pesce azzurro”, in particolare sardine, alici e sgombri, ha un’importanza storica per la marineria italiana. Il settore, tuttavia, è in crisi e negli ultimi anni, in Italia, si è verificata una sensibile contrazione del numero delle aziende di trasformazione di alcuni prodotti ittici. In questa ricerca sono stati valutati gli apporti di PUFA-n3 di un prodotto specifico: le sardine marinate. Le sardine sono notoriamente ricche di acidi grassi omega-3, eppure sulle etichette delle confezioni di sardine, tra le indicazioni nutrizionali, non viene mai evidenziata la presenza di queste sostanze ad elevato valore nutrizionale. Da questo studio, è emerso che il tenore in grasso delle sardine varia sensibilmente nel corso dell’anno in funzione dell’epoca di pesca. Nei campioni esaminati, infatti, la percentuale di grasso è passata da un minimo dell’1,8% sino ad un massimo del 21,9%. Quando le sardine erano grasse, cioè quando contenevano più del 4% di grasso, gli apporti di PUFA-n3 erano tali da soddisfare a pieno il fabbisogno minimo giornaliero. Al contrario, quando le sardine erano magre (< 4% di grasso) l’apporto di questi acidi grassi, seppur apprezzabile, si è ridotto sensibilmente.
Studio degli acidi grassi omega-3 nelle sardine marinate (Sardina pilchardus)
MACCIOLA, Vincenzo;DE LEONARDIS, Antonella
;
2003-01-01
Abstract
La pesca del “pesce azzurro”, in particolare sardine, alici e sgombri, ha un’importanza storica per la marineria italiana. Il settore, tuttavia, è in crisi e negli ultimi anni, in Italia, si è verificata una sensibile contrazione del numero delle aziende di trasformazione di alcuni prodotti ittici. In questa ricerca sono stati valutati gli apporti di PUFA-n3 di un prodotto specifico: le sardine marinate. Le sardine sono notoriamente ricche di acidi grassi omega-3, eppure sulle etichette delle confezioni di sardine, tra le indicazioni nutrizionali, non viene mai evidenziata la presenza di queste sostanze ad elevato valore nutrizionale. Da questo studio, è emerso che il tenore in grasso delle sardine varia sensibilmente nel corso dell’anno in funzione dell’epoca di pesca. Nei campioni esaminati, infatti, la percentuale di grasso è passata da un minimo dell’1,8% sino ad un massimo del 21,9%. Quando le sardine erano grasse, cioè quando contenevano più del 4% di grasso, gli apporti di PUFA-n3 erano tali da soddisfare a pieno il fabbisogno minimo giornaliero. Al contrario, quando le sardine erano magre (< 4% di grasso) l’apporto di questi acidi grassi, seppur apprezzabile, si è ridotto sensibilmente.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.