Ventaroli è un piccolo centro abitato immerso nel verde situato all’interno del comune di Carinola, a circa 40 chilometri da Caserta. Il suo territorio, quindi, fa parte della vasta area che gli antichi romani denominavano “Campania felix”. Questo borgo è noto per aver dato i natali al padre di Matilde Serao e per il fatto che ha accolto la scrittrice negli anni della sua adolescenza mentre solo un pubblico ristretto è a conoscenza che nelle sue terre c’è uno dei capolavori architettonici della Regione Campania: Santa Maria in Foro Claudio; un edificio in stile romanico che nella veste attuale risale all’XI secolo ma con origini ben più antiche, probabilmente del V secolo d.C. La chiesa di Ventaroli, conosciuta anche come “Episcopio”, è una struttura architettonica preziosa per la comunità locale in quanto con la sua presenza discreta certifica l’antico e fervido spirito cristiano, ma è una struttura preziosa anche per l’Italia e la sua “Arte” poiché all’interno contiene alcuni affreschi di straordinaria bellezza artistica. La struttura nei secoli ha avuto una storia tormentata: da presidio religioso della piccola comunità di cristiani presente in quest’area è passata ad essere sede vescovile, quindi punto di riferimento per quanti percorrendo la via Appia si recavano nelle Puglie e quindi a Gerusalemme per il viaggio spirituale, per poi tornare oggi ad essere una chiesa di campagna; in mezzo ci sono storie di ampliamenti, devastazioni, abbandoni, riedificazioni e restauri che si sono protratti sino al secolo scorso, periodo in cui risalgono gli ultimi interventi della Soprintendenza. Gli studi e le ricerche che stiamo conducendo su Santa Maria in Foro Claudio rientrano in un più ampio programma di ricerca che ci vede impegnati in questi ultimi anni a documentare quel patrimonio architettonico nazionale che, poco noto al grande pubblico spesso a causa dell’ubicazione sita ai margini degli insediamenti abitativi principali e quindi al di fuori dal tradizionale circuito turistico internazionale, risulta inoltre poco documentato e come nel caso specifico, solo superficialmente indagato, anche a causa della distruzione degli archivi locali. Un patrimonio architettonico talvolta indagato quasi esclusivamente da studiosi locali, spesso preziosi, che animati dalle migliori intenzioni ma anche da un fervido campanilismo non di rado si lasciano però sedurre da ricostruzioni storiche non sempre sostenute adeguatamente dalla documentazione d’archivio. Le fonti documentali da cui abbiamo attinto le informazioni essenzialmente sono state gli archivi della Soprintendenza archeologia, belle Arti e Paesaggio delle province di Caserta-Benevento e Napoli e nell’archivio della diocesi di Sessa Aurunca, dove sono confluiti i documenti della cattedra di Ventaroli poi Carinola dopo la soppressione della sede vescovile in seguito al riassetto dell’organizzazione ecclesiastica nel Regno delle Due Sicilie in conformità al nuovo concordato tra Santa Sede e Regno borbonico. Questo primo passo ci ha consentito di entrare in possesso di un variegato portfolio di documenti, composto non solo da disegni ma anche da relazioni tecniche, materiale fotografico e documentazione bibliografica, con cui abbiamo potuto costruire un’immagine mentale del manufatto particolarmente utile come guida nella fase operativa quando ci siamo occupati del rilievo architettonico inteso nella sua accezione più ampia di complesso di operazioni critiche finalizzate alla conoscenza del manufatto sotto i differenti aspetti: dimensionali, formali, materici, volumetrici, strutturali, storici, etc. Si sottolinea che da una comparazione tra gli elaborati di rilievo e quelli storici reperiti negli archivi emergono alcune difformità nell’impianto architettonico riconducibili agli interventi di restauro e ripristino funzionale operati nel XX secolo dall’allora Soprintendenza ai Monumenti della Campania. L'acquisizione della messa di dati di diversa natura che derivano dal rilievo ha consentito la realizzazione di un modello tridimensionale atto a restituire il manufatto nella sua configurazione spaziale complessiva e di documentare i suoi dettagli architettonici attraverso i quali si possono comprendere e ponderare anche le scelte progettuali. Santa Maria in Foro Claudio presenta un impianto planimetrico di tipo basilicale con ingresso sul lato corto del catino architettonico contrapposto all’altare. L’aula assembleare è suddivisa in tre navate delle quali la centrale è più ampia, sia in larghezza che in altezza, coperta falde sorrette da capriate lignee; ciascuna navata termina nella parete di fondo con un’abside semicircolare estradossata dal corpo della chiesa. Lo spazio interno è colonnato; la navata centrale è separata da quelle laterali da due file di colonne ciascuna con elementi di reimpiego il cui ritmo è interrotto su ciascun lato da setti murari posti nell’intercolunnio antecedente a quello di fianco all’altare. La facciata principale è essenziale e caratterizzata da un portale con una cornice lapidea modanata; sopra, in asse con il vano d’ingresso, una bifora contribuisce ad illuminare la sala assembleare e, più in alto, a chiusura del prospetto, una coppia binata di archetti che assolvono alla funzione di campanile. La chiesa al suo interno mostra delle decorazioni pittoriche che, pur superstiti da configurazioni più estese, attestano l’influenza della cultura benedettina-cassinese in quest’area. Tra gli affreschi gli episodi meglio conservati sono quelli dell’abside principale e gli altri restaurati agli inizi degli anni Settanta sostenuti dai setti che interrompono la sequenza dei colonnati; all’interno della chiesa numerosi altri affreschi (nell’abside, nella parete destra, nel retro-facciata, ecc.) documentano l’antica ricchezza figurativa della chiesa. Sono stati riconosciuti peraltro frammenti pittorici coevi di strutture di età longobarda inglobati nelle mura perimetrali e visibili in facciata che documentano la preesistenza di una precedente chiesa di epoca paleocristiana distrutta in epoca imprecisata; i resti del suo impianto, di dimensioni sostanzialmente uguale all’edificio attuale, sono stati individuati in occasione di una campagna di scavi condotta dalla Soprintendenza Campana intorno al 1970, allorquando fu individuato un fonte battesimale ubicato in un autonomo edificio di fronte all’ingresso della chiesa attuale, i cui resti sono oggi coperti da una struttura in cemento armato che, costituendo attualmente il calpestio del sagrato, ne dovrebbe consentire l’ispezione. L’arco temporale compreso tra il VI e il X secolo d.C. si caratterizza oltre che per l’incertezza politica-amministrativa-militare anche per la cristianizzazione delle popolazioni rurali e le diocesi furono ancora una volta i presidi attivi di questa nuova religione soprattutto quelle ubicate lungo le consolari romane e le direttrici sfioccatesi da queste vie di collegamento per raggiungere i villaggi dell’entroterra. In tale trasformazione spirituale e culturale della coscienza delle popolazioni italiche un ruolo attivo in questa parte della “Terra di Lavoro” lo ha assolto anche la diocesi di Ventaroli autentica testimonianza materiale di questo cambiamento. Non solo, a noi sembra chiaro che Santa Maria in foro Claudio – squisito prodotto benedettino-cassinese – in termini cronologici e di committenza sia il frutto del clima artisticamente innovatore e riformatore creato dall’Abate Desiderio e quindi si possa considerare come modello, benché di rango un poco minore, delle scelte architettoniche promosse da costui nella costruzione dell’Abbazia di Montecassino, quella consacrata nell’ottobre del 1071, di cui al di là delle vivide descrizioni di Leone Marsicano non abbiamo più alcuna testimonianza fisica (cfr. ACETO, F., LUCCHERINI. V.)
La basilica di Santa Maria in Foro Claudio a Ventaroli: analisi e rilievo di un ‘periferico’ monumento medievale
Piero BarlozziniCo-primo
Membro del Collaboration Group
;
2020-01-01
Abstract
Ventaroli è un piccolo centro abitato immerso nel verde situato all’interno del comune di Carinola, a circa 40 chilometri da Caserta. Il suo territorio, quindi, fa parte della vasta area che gli antichi romani denominavano “Campania felix”. Questo borgo è noto per aver dato i natali al padre di Matilde Serao e per il fatto che ha accolto la scrittrice negli anni della sua adolescenza mentre solo un pubblico ristretto è a conoscenza che nelle sue terre c’è uno dei capolavori architettonici della Regione Campania: Santa Maria in Foro Claudio; un edificio in stile romanico che nella veste attuale risale all’XI secolo ma con origini ben più antiche, probabilmente del V secolo d.C. La chiesa di Ventaroli, conosciuta anche come “Episcopio”, è una struttura architettonica preziosa per la comunità locale in quanto con la sua presenza discreta certifica l’antico e fervido spirito cristiano, ma è una struttura preziosa anche per l’Italia e la sua “Arte” poiché all’interno contiene alcuni affreschi di straordinaria bellezza artistica. La struttura nei secoli ha avuto una storia tormentata: da presidio religioso della piccola comunità di cristiani presente in quest’area è passata ad essere sede vescovile, quindi punto di riferimento per quanti percorrendo la via Appia si recavano nelle Puglie e quindi a Gerusalemme per il viaggio spirituale, per poi tornare oggi ad essere una chiesa di campagna; in mezzo ci sono storie di ampliamenti, devastazioni, abbandoni, riedificazioni e restauri che si sono protratti sino al secolo scorso, periodo in cui risalgono gli ultimi interventi della Soprintendenza. Gli studi e le ricerche che stiamo conducendo su Santa Maria in Foro Claudio rientrano in un più ampio programma di ricerca che ci vede impegnati in questi ultimi anni a documentare quel patrimonio architettonico nazionale che, poco noto al grande pubblico spesso a causa dell’ubicazione sita ai margini degli insediamenti abitativi principali e quindi al di fuori dal tradizionale circuito turistico internazionale, risulta inoltre poco documentato e come nel caso specifico, solo superficialmente indagato, anche a causa della distruzione degli archivi locali. Un patrimonio architettonico talvolta indagato quasi esclusivamente da studiosi locali, spesso preziosi, che animati dalle migliori intenzioni ma anche da un fervido campanilismo non di rado si lasciano però sedurre da ricostruzioni storiche non sempre sostenute adeguatamente dalla documentazione d’archivio. Le fonti documentali da cui abbiamo attinto le informazioni essenzialmente sono state gli archivi della Soprintendenza archeologia, belle Arti e Paesaggio delle province di Caserta-Benevento e Napoli e nell’archivio della diocesi di Sessa Aurunca, dove sono confluiti i documenti della cattedra di Ventaroli poi Carinola dopo la soppressione della sede vescovile in seguito al riassetto dell’organizzazione ecclesiastica nel Regno delle Due Sicilie in conformità al nuovo concordato tra Santa Sede e Regno borbonico. Questo primo passo ci ha consentito di entrare in possesso di un variegato portfolio di documenti, composto non solo da disegni ma anche da relazioni tecniche, materiale fotografico e documentazione bibliografica, con cui abbiamo potuto costruire un’immagine mentale del manufatto particolarmente utile come guida nella fase operativa quando ci siamo occupati del rilievo architettonico inteso nella sua accezione più ampia di complesso di operazioni critiche finalizzate alla conoscenza del manufatto sotto i differenti aspetti: dimensionali, formali, materici, volumetrici, strutturali, storici, etc. Si sottolinea che da una comparazione tra gli elaborati di rilievo e quelli storici reperiti negli archivi emergono alcune difformità nell’impianto architettonico riconducibili agli interventi di restauro e ripristino funzionale operati nel XX secolo dall’allora Soprintendenza ai Monumenti della Campania. L'acquisizione della messa di dati di diversa natura che derivano dal rilievo ha consentito la realizzazione di un modello tridimensionale atto a restituire il manufatto nella sua configurazione spaziale complessiva e di documentare i suoi dettagli architettonici attraverso i quali si possono comprendere e ponderare anche le scelte progettuali. Santa Maria in Foro Claudio presenta un impianto planimetrico di tipo basilicale con ingresso sul lato corto del catino architettonico contrapposto all’altare. L’aula assembleare è suddivisa in tre navate delle quali la centrale è più ampia, sia in larghezza che in altezza, coperta falde sorrette da capriate lignee; ciascuna navata termina nella parete di fondo con un’abside semicircolare estradossata dal corpo della chiesa. Lo spazio interno è colonnato; la navata centrale è separata da quelle laterali da due file di colonne ciascuna con elementi di reimpiego il cui ritmo è interrotto su ciascun lato da setti murari posti nell’intercolunnio antecedente a quello di fianco all’altare. La facciata principale è essenziale e caratterizzata da un portale con una cornice lapidea modanata; sopra, in asse con il vano d’ingresso, una bifora contribuisce ad illuminare la sala assembleare e, più in alto, a chiusura del prospetto, una coppia binata di archetti che assolvono alla funzione di campanile. La chiesa al suo interno mostra delle decorazioni pittoriche che, pur superstiti da configurazioni più estese, attestano l’influenza della cultura benedettina-cassinese in quest’area. Tra gli affreschi gli episodi meglio conservati sono quelli dell’abside principale e gli altri restaurati agli inizi degli anni Settanta sostenuti dai setti che interrompono la sequenza dei colonnati; all’interno della chiesa numerosi altri affreschi (nell’abside, nella parete destra, nel retro-facciata, ecc.) documentano l’antica ricchezza figurativa della chiesa. Sono stati riconosciuti peraltro frammenti pittorici coevi di strutture di età longobarda inglobati nelle mura perimetrali e visibili in facciata che documentano la preesistenza di una precedente chiesa di epoca paleocristiana distrutta in epoca imprecisata; i resti del suo impianto, di dimensioni sostanzialmente uguale all’edificio attuale, sono stati individuati in occasione di una campagna di scavi condotta dalla Soprintendenza Campana intorno al 1970, allorquando fu individuato un fonte battesimale ubicato in un autonomo edificio di fronte all’ingresso della chiesa attuale, i cui resti sono oggi coperti da una struttura in cemento armato che, costituendo attualmente il calpestio del sagrato, ne dovrebbe consentire l’ispezione. L’arco temporale compreso tra il VI e il X secolo d.C. si caratterizza oltre che per l’incertezza politica-amministrativa-militare anche per la cristianizzazione delle popolazioni rurali e le diocesi furono ancora una volta i presidi attivi di questa nuova religione soprattutto quelle ubicate lungo le consolari romane e le direttrici sfioccatesi da queste vie di collegamento per raggiungere i villaggi dell’entroterra. In tale trasformazione spirituale e culturale della coscienza delle popolazioni italiche un ruolo attivo in questa parte della “Terra di Lavoro” lo ha assolto anche la diocesi di Ventaroli autentica testimonianza materiale di questo cambiamento. Non solo, a noi sembra chiaro che Santa Maria in foro Claudio – squisito prodotto benedettino-cassinese – in termini cronologici e di committenza sia il frutto del clima artisticamente innovatore e riformatore creato dall’Abate Desiderio e quindi si possa considerare come modello, benché di rango un poco minore, delle scelte architettoniche promosse da costui nella costruzione dell’Abbazia di Montecassino, quella consacrata nell’ottobre del 1071, di cui al di là delle vivide descrizioni di Leone Marsicano non abbiamo più alcuna testimonianza fisica (cfr. ACETO, F., LUCCHERINI. V.)I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.