Il lavoro prende in esame il fenomeno delle morti improvvise di giovani sportivi avvenute durante lo svolgimento dell’attività agonistica (e svincolate dalla c.d. alea sportiva presente, invece, in talune discipline). In particolare si ha riguardo ad eventi luttuosi collegati alla mancata diagnosi da parte del medico sportivo di una patologia incompatibile con il continuo e gravoso esercizio fisico cui l’atleta è sottoposto. Alla luce della normativa inerente la tutela sanitaria delle attività sportive (agonistiche e non) regolante l’accesso allo sport, è valutata la responsabilità medica, sotto il profilo deontologico e giuridico, nel ten-tativo di edificare un diritto sportivo piú attento alla tutela della salute di chi pratica tali attività, prestando interesse alle fasi della certificazio-ne attestante l’idoneità psico-fisica ed ai successivi e periodici controlli sanitari ai quali l’atleta deve sottoporsi. L’a. analizza la responsabilità del medico sportivo (la condotta del quale deve essere valutata con maggior rigore rispetto a quella del medico generico) e l’iter diagnostico richiesto per il rilascio della certificazione sportiva agonistica. Inoltre, dato il continuo ripetersi di tali eventi mortali durante manifestazioni sportive agonistiche e non, richiama l’attenzione sulla necessità che ogni singola componente delle strutture competenti si attenga con estremo rigore ai protocolli previsti, ipotizzando in tal modo la corre-sponsabilità a carico di tali strutture. Il lavoro si chiude con la descrizione e analisi di talune fattispecie concrete di morte improvvisa di giovani atleti dilettanti e professionisti (casi: Curi, Taccola, Vendemini e Jacopucci): dallo studio delle stesse emerge una chiara sollecitazione alla massima professionalità del medi-co sportivo la cui fisionomia deve esprimersi peraltro anche nell’àmbito di una precisa e matura dimensione medico-legale.
Il fenomeno della morte "improvvisa" nello sport: mancata diagnosi e responsabilità del medico certificatore
TULLIO, Loredana
2013-01-01
Abstract
Il lavoro prende in esame il fenomeno delle morti improvvise di giovani sportivi avvenute durante lo svolgimento dell’attività agonistica (e svincolate dalla c.d. alea sportiva presente, invece, in talune discipline). In particolare si ha riguardo ad eventi luttuosi collegati alla mancata diagnosi da parte del medico sportivo di una patologia incompatibile con il continuo e gravoso esercizio fisico cui l’atleta è sottoposto. Alla luce della normativa inerente la tutela sanitaria delle attività sportive (agonistiche e non) regolante l’accesso allo sport, è valutata la responsabilità medica, sotto il profilo deontologico e giuridico, nel ten-tativo di edificare un diritto sportivo piú attento alla tutela della salute di chi pratica tali attività, prestando interesse alle fasi della certificazio-ne attestante l’idoneità psico-fisica ed ai successivi e periodici controlli sanitari ai quali l’atleta deve sottoporsi. L’a. analizza la responsabilità del medico sportivo (la condotta del quale deve essere valutata con maggior rigore rispetto a quella del medico generico) e l’iter diagnostico richiesto per il rilascio della certificazione sportiva agonistica. Inoltre, dato il continuo ripetersi di tali eventi mortali durante manifestazioni sportive agonistiche e non, richiama l’attenzione sulla necessità che ogni singola componente delle strutture competenti si attenga con estremo rigore ai protocolli previsti, ipotizzando in tal modo la corre-sponsabilità a carico di tali strutture. Il lavoro si chiude con la descrizione e analisi di talune fattispecie concrete di morte improvvisa di giovani atleti dilettanti e professionisti (casi: Curi, Taccola, Vendemini e Jacopucci): dallo studio delle stesse emerge una chiara sollecitazione alla massima professionalità del medi-co sportivo la cui fisionomia deve esprimersi peraltro anche nell’àmbito di una precisa e matura dimensione medico-legale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.