Nel saggio si analizza il dibattuto tema, a livello sistematico della società a partecipazione pubblica. Il quadro delineato in cui il soggetto giuridico e la sua organizzazione sono disciplinati dalle regole civilistiche e la relativa attività può essere disciplinata da regole giuspubblicistiche, è stato “minato” da una errata impostazione diretta a giustificare la volontà politica di porre al centro del sistema un modello c.d. in house in cui l’ente pubblico eserciti sulla società un controllo analogo, quanto meno per prerogative ed intensità, a quello esercitato sui propri servizi. Il risultato che emerge sul piano delle scelte di fondo è quello di un ente pubblico che da soggetto gestore diviene una sorta di holding che si occupa di indirizzo, programmazione e controllo delle società strumentali partecipate, esercitando una tipica attività di direzione e coordinamento (artt. 2497 ss. c.c.). Lo scritto analizza sia la natura di questo controllo, sia i relativi strumenti statutari e contrattuali e sia il livello di compatibilità di questo dominio con l’ordinamento delle società di capitali ed in particolare di quelle azionarie. Si è tentato nell’ordinamento di enucleare un vero e proprio mostro giuridico e cioè quello della società intesa come articolazione organizzativa dell’ente, posta in una situazione di delegazione organica o addirittura di subordinazione gerarchica. Questo tentativo non supportato normativamente dall’emersione positiva di un “tipo” ha generato una confusione che non tiene conto che alcune categorie concettuali e sistematiche di diritto pubblico non sono affatto applicabili sic et simpliciter al diritto commerciale ed al diritto delle società in particolare.

Le società di gestione dei servizi pubblici locali

FIMMANO', Francesco
2009-01-01

Abstract

Nel saggio si analizza il dibattuto tema, a livello sistematico della società a partecipazione pubblica. Il quadro delineato in cui il soggetto giuridico e la sua organizzazione sono disciplinati dalle regole civilistiche e la relativa attività può essere disciplinata da regole giuspubblicistiche, è stato “minato” da una errata impostazione diretta a giustificare la volontà politica di porre al centro del sistema un modello c.d. in house in cui l’ente pubblico eserciti sulla società un controllo analogo, quanto meno per prerogative ed intensità, a quello esercitato sui propri servizi. Il risultato che emerge sul piano delle scelte di fondo è quello di un ente pubblico che da soggetto gestore diviene una sorta di holding che si occupa di indirizzo, programmazione e controllo delle società strumentali partecipate, esercitando una tipica attività di direzione e coordinamento (artt. 2497 ss. c.c.). Lo scritto analizza sia la natura di questo controllo, sia i relativi strumenti statutari e contrattuali e sia il livello di compatibilità di questo dominio con l’ordinamento delle società di capitali ed in particolare di quelle azionarie. Si è tentato nell’ordinamento di enucleare un vero e proprio mostro giuridico e cioè quello della società intesa come articolazione organizzativa dell’ente, posta in una situazione di delegazione organica o addirittura di subordinazione gerarchica. Questo tentativo non supportato normativamente dall’emersione positiva di un “tipo” ha generato una confusione che non tiene conto che alcune categorie concettuali e sistematiche di diritto pubblico non sono affatto applicabili sic et simpliciter al diritto commerciale ed al diritto delle società in particolare.
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