Localizzando la ricerca in un’area della Sardegna, la Barbagia,: montagnosa, interna e centrale, fino agli anni Cinquanta del XX secolo a prevalente economia pastorale, si è inteso affrontare alcune pressanti quesiti, centrati sul tema se esistano fabbricati rurali che testimonino di una tradizione e siano ancora documentabili; se dalla loro disamina si risalga ai caratteri edilizi di un tempo, utilizzati di prassi in quel territorio; se quelle architetture siano state oggetto di rifunzionalizzazione e in che modo e in quale misura risultino modificate; quale sia l’eventuale orientamento che ne guida gli attuali adeguamenti; se sia infine lecito, oggi, mutate radicalmente le condizioni al contorno, ipotizzare un loro riutilizzo che ne mantenga intatte le caratteristiche. Si è voluta articolare la risposta a queste argomentazioni soprattutto attraverso la base oggettiva della documentazione fotografica (d’epoca e realizzata ad hoc), suddividendo l’area considerata in un sistema di 5 comprensori a cultura omogenea, osmotici entro il microsistema così parcellizzato, per un totale di 24 centri; aree diverse se si prendesse a campione quella a nord rispetto all’altra più a sud. Ciascun centro, nell'inserimento dello specifico territorio in cui sorge, è osservato attraverso il “paesaggio” e per gradi, scendendo di scala, se ne documenta la via o il vicolo nel rapporto instaurato con le abitazioni; si cerca e si sottolinea la tipologia tradizionale del fabbricato storico (a uno, due, più livelli) quale esempio abitativo, i suoi dettagli come i muri portanti perimetrali, l’accesso, i serramenti, le bucature superiori (con architravi e stipiti lignei e/o in pietra dei luoghi), l’infisso, la tessitura muraria, l’intonaco, la copertura, alcuni elementi costruttivi e in fregio e l’arredo all’interno. Agli edifici rurali tradizionali si è sovrapposta, mediante l’innesto o la cancellazione radicale o parziale, la riproposta dello “stile” precedente che si rivela oggi, quasi sempre, una reinvenzione; insomma i nuovi edifici sorgono con caratteri di deciso contrasto con i predecessori. A sostenere inizialmente la presente analisi è stato l’inconfessato bisogno di fermare lo sviluppo non disciplinato dell’edilizia vigente, fattore negativo evidente ovunque come tale, purtroppo dilagante, soprattutto per queste aree rimaste in buona parte integre sino a pochi decenni or sono, per arrivare infine all’amara conclusione che le esigenze portate dalla cultura massificata non accettano e nemmeno hanno interesse a fissare o musealizzare un’architettura povera sinonimo di arretratezza e miseria. Almeno da quanto si evince nei sorprendenti tentativi di ripristino nel nome di un presunto “stile sardo”, gusto che, troppo debole per diventare stile, dagli anni Sessanta, è diretta conseguenza del totale annullamento della cultura locale a favore dell’unica forma di economia voluta per l’Isola: il turismo. Gusto attualmente inquadrabile come “country chic”. Ecco dunque in chiusura la tesi a sostegno di un’abitazione “minima”, certamente diversa dalla tradizionale, massimamente se recente, tuttavia non lontana dall’antica di natura nomade-pastorale, capace nei caratteri espressi e controcorrente (ridotti costi di costruzione, significativo risparmio energetico, materiali ecocompatibili, ripristino del rapporto col paesaggio, impatto ambientale pari a zero), di mettere in crisi i nuovi modelli indotti.

Edifici rurali tradizionali del Centro Sardegna: la Barbagia. Stato di fatto e classificazione tipologica. Considerazioni e commenti. Un possibile recupero di riuso nel contesto del paesaggio rurale

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2011-01-27

Abstract

Localizzando la ricerca in un’area della Sardegna, la Barbagia,: montagnosa, interna e centrale, fino agli anni Cinquanta del XX secolo a prevalente economia pastorale, si è inteso affrontare alcune pressanti quesiti, centrati sul tema se esistano fabbricati rurali che testimonino di una tradizione e siano ancora documentabili; se dalla loro disamina si risalga ai caratteri edilizi di un tempo, utilizzati di prassi in quel territorio; se quelle architetture siano state oggetto di rifunzionalizzazione e in che modo e in quale misura risultino modificate; quale sia l’eventuale orientamento che ne guida gli attuali adeguamenti; se sia infine lecito, oggi, mutate radicalmente le condizioni al contorno, ipotizzare un loro riutilizzo che ne mantenga intatte le caratteristiche. Si è voluta articolare la risposta a queste argomentazioni soprattutto attraverso la base oggettiva della documentazione fotografica (d’epoca e realizzata ad hoc), suddividendo l’area considerata in un sistema di 5 comprensori a cultura omogenea, osmotici entro il microsistema così parcellizzato, per un totale di 24 centri; aree diverse se si prendesse a campione quella a nord rispetto all’altra più a sud. Ciascun centro, nell'inserimento dello specifico territorio in cui sorge, è osservato attraverso il “paesaggio” e per gradi, scendendo di scala, se ne documenta la via o il vicolo nel rapporto instaurato con le abitazioni; si cerca e si sottolinea la tipologia tradizionale del fabbricato storico (a uno, due, più livelli) quale esempio abitativo, i suoi dettagli come i muri portanti perimetrali, l’accesso, i serramenti, le bucature superiori (con architravi e stipiti lignei e/o in pietra dei luoghi), l’infisso, la tessitura muraria, l’intonaco, la copertura, alcuni elementi costruttivi e in fregio e l’arredo all’interno. Agli edifici rurali tradizionali si è sovrapposta, mediante l’innesto o la cancellazione radicale o parziale, la riproposta dello “stile” precedente che si rivela oggi, quasi sempre, una reinvenzione; insomma i nuovi edifici sorgono con caratteri di deciso contrasto con i predecessori. A sostenere inizialmente la presente analisi è stato l’inconfessato bisogno di fermare lo sviluppo non disciplinato dell’edilizia vigente, fattore negativo evidente ovunque come tale, purtroppo dilagante, soprattutto per queste aree rimaste in buona parte integre sino a pochi decenni or sono, per arrivare infine all’amara conclusione che le esigenze portate dalla cultura massificata non accettano e nemmeno hanno interesse a fissare o musealizzare un’architettura povera sinonimo di arretratezza e miseria. Almeno da quanto si evince nei sorprendenti tentativi di ripristino nel nome di un presunto “stile sardo”, gusto che, troppo debole per diventare stile, dagli anni Sessanta, è diretta conseguenza del totale annullamento della cultura locale a favore dell’unica forma di economia voluta per l’Isola: il turismo. Gusto attualmente inquadrabile come “country chic”. Ecco dunque in chiusura la tesi a sostegno di un’abitazione “minima”, certamente diversa dalla tradizionale, massimamente se recente, tuttavia non lontana dall’antica di natura nomade-pastorale, capace nei caratteri espressi e controcorrente (ridotti costi di costruzione, significativo risparmio energetico, materiali ecocompatibili, ripristino del rapporto col paesaggio, impatto ambientale pari a zero), di mettere in crisi i nuovi modelli indotti.
Traditional rural buildings of Central Sardinia: the Barbagia. Condition and typological classification. Considerations and comments. A possible reclamation for re-use in the context of the rural landscape
27-gen-2011
Cuccu, Antonello
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11695/66343
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