Nel novembre del 1735 il padre gesuita Francesco Volumnio Piccolomini, rettore del Collegio Germanico Ungarico di Roma, e il cardinale Antonio Saverio Gentili decisero di riesumare le ossa che si trovavano sotto l’altare della cappella dei santi Primo e Feliciano nella basilica romana di Santo Stefano Rotondo in Coelio monte ed erano venerate come reliquie di quei due martiri. L’evento suscitò, nella società e nella cultura romana del tempo, un interesse vivissimo. Nei mesi seguenti la cappella fu completamente restaurata e nel giugno del 1736 i resti ossei furono nuovamente inumati nello stesso luogo, ma sotto un nuovo altare. Dopo aver descritto il contesto storico nel quale la vicenda si svolse, l’Autore prende in esame il restauro della cappella, che fu diretto dall’architetto Filippo Barigioni, attraverso nuovi importanti documenti ritrovati nel fondo Gentili dell’Archivio di Stato di Roma e tra le carte dell’archivio del Collegio Germanico Ungarico. L’attenzione dell’Autore si rivolge in particolare al restauro del mosaico absidale del VII secolo, che è possibile ricostruire anche nei suoi aspetti tecnici grazie a uno dei documenti ora ritrovati, e alla costruzione del nuovo altare marmoreo, progettato da Barigioni e realizzato dal noto lapicida e scultore Francesco Pincellotti. La parte finale dell’articolo è dedicata alla descrizione e all’interpretazione, anch’esse basate su una fonte inedita, della complessa cerimonia che ebbe luogo il 10 giugno 1736 per l’inaugurazione della cappella restaurata: una festa grandiosa per la quale la chiesa di Santo Stefano Rotondo e l’intera area circostante furono decorate con apparati effimeri di eccezionale ricchezza.

Filippo Barigioni per il cardinale Antonio Saverio Gentili. Il restauro settecentesco della cappella dei Santi Primo e Feliciano in Santo Stefano Rotondo

ANTINORI, Aloisio
2015-01-01

Abstract

Nel novembre del 1735 il padre gesuita Francesco Volumnio Piccolomini, rettore del Collegio Germanico Ungarico di Roma, e il cardinale Antonio Saverio Gentili decisero di riesumare le ossa che si trovavano sotto l’altare della cappella dei santi Primo e Feliciano nella basilica romana di Santo Stefano Rotondo in Coelio monte ed erano venerate come reliquie di quei due martiri. L’evento suscitò, nella società e nella cultura romana del tempo, un interesse vivissimo. Nei mesi seguenti la cappella fu completamente restaurata e nel giugno del 1736 i resti ossei furono nuovamente inumati nello stesso luogo, ma sotto un nuovo altare. Dopo aver descritto il contesto storico nel quale la vicenda si svolse, l’Autore prende in esame il restauro della cappella, che fu diretto dall’architetto Filippo Barigioni, attraverso nuovi importanti documenti ritrovati nel fondo Gentili dell’Archivio di Stato di Roma e tra le carte dell’archivio del Collegio Germanico Ungarico. L’attenzione dell’Autore si rivolge in particolare al restauro del mosaico absidale del VII secolo, che è possibile ricostruire anche nei suoi aspetti tecnici grazie a uno dei documenti ora ritrovati, e alla costruzione del nuovo altare marmoreo, progettato da Barigioni e realizzato dal noto lapicida e scultore Francesco Pincellotti. La parte finale dell’articolo è dedicata alla descrizione e all’interpretazione, anch’esse basate su una fonte inedita, della complessa cerimonia che ebbe luogo il 10 giugno 1736 per l’inaugurazione della cappella restaurata: una festa grandiosa per la quale la chiesa di Santo Stefano Rotondo e l’intera area circostante furono decorate con apparati effimeri di eccezionale ricchezza.
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