Il rapporto fra “disabilità” e sessualità, del quale anche in Italia si comincia a parlare in modo diffuso, può essere considerato come un problema. In questo lavoro cerco prima di tutto di mostrare, da un punto di vista teorico, in che senso tale rapporto faccia problema a partire dalle domande seguenti: 1) ‘Perché parlare di “disabilità” e sessualità fa problema, e per chi?’; 2) ‘Che cosa significa “problema” in questo contesto?’; 3) ‘Quali sono i presupposti fondamentali, le assunzioni di fondo in base ai quali il rapporto fra “disabilità” e sessualità è avvertito come problematico?’. La risposta a tali domande strettamente interconnesse non può essere più a lungo rinviata, se si vuole evitare che il problema della sessualità dei cosiddetti “disabili” venga risolto sulla base di azioni estemporanee, ovvero anche di strategie ben costruite, ma i cui presupposti teorici non sono abbastanza chiari da evitare il rischio di vederle fallire. Oltre a tale chiarificazione preliminare, la mia tesi di fondo, che presento nelle conclusioni, è che un’analisi teorica radicale del rapporto fra “disabilità” e sessualità deve presupporre la critica dello stesso concetto di “disabilità”, allo scopo di un suo superamento come categoria identitaria.

Disabilità e sessualità: i fondamenti di un'esclusione

MONCERI, Flavia
2014-01-01

Abstract

Il rapporto fra “disabilità” e sessualità, del quale anche in Italia si comincia a parlare in modo diffuso, può essere considerato come un problema. In questo lavoro cerco prima di tutto di mostrare, da un punto di vista teorico, in che senso tale rapporto faccia problema a partire dalle domande seguenti: 1) ‘Perché parlare di “disabilità” e sessualità fa problema, e per chi?’; 2) ‘Che cosa significa “problema” in questo contesto?’; 3) ‘Quali sono i presupposti fondamentali, le assunzioni di fondo in base ai quali il rapporto fra “disabilità” e sessualità è avvertito come problematico?’. La risposta a tali domande strettamente interconnesse non può essere più a lungo rinviata, se si vuole evitare che il problema della sessualità dei cosiddetti “disabili” venga risolto sulla base di azioni estemporanee, ovvero anche di strategie ben costruite, ma i cui presupposti teorici non sono abbastanza chiari da evitare il rischio di vederle fallire. Oltre a tale chiarificazione preliminare, la mia tesi di fondo, che presento nelle conclusioni, è che un’analisi teorica radicale del rapporto fra “disabilità” e sessualità deve presupporre la critica dello stesso concetto di “disabilità”, allo scopo di un suo superamento come categoria identitaria.
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