Il tema relativo alla traduzione degli atti processuali è, ancora una volta, al centro di una rilevante questione dibattuta e oggetto di una peculiare decisione che non ha sopito del tutto i dubbi interpretativi. Infatti, nel delineare i presupposti che legittimano la possibilità di procedere alla traduzione di un atto processuale, le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno stabilito il principio secondo cui, in presenza di atti o comportamenti da cui si può desumere che l’imputato conosca la lingua italiana, in modo da comprendere, adeguatamente, la natura e la complessità delle accuse mossegli, non è necessaria la traduzione poiché, in tal caso, non viene conculcato il suo diritto di difesa. Invece, in relazione alla mancata traduzione di documenti redatti in lingua diversa dall’italiano la Corte, nel delineare il perimetro entro il quale è possibile procedere alla traduzione, ha precisato che l’obbligo di usare l’idioma italiano si riferisce ai soli atti da compiere all’interno del procedimento penale e non agli atti già formati e destinati ad essere acquisiti al processo: per questi, la necessità della traduzione si pone soltanto qualora l’utilizzazione, ai fini della decisione, di uno scritto in lingua straniera possa, in concreto, pregiudicare il diritto di difesa delle parti.

Rilievi minimi sui persistenti dubbi interpretativi in tema di traduzione degli atti

CECANESE, Gianfederico
2014-01-01

Abstract

Il tema relativo alla traduzione degli atti processuali è, ancora una volta, al centro di una rilevante questione dibattuta e oggetto di una peculiare decisione che non ha sopito del tutto i dubbi interpretativi. Infatti, nel delineare i presupposti che legittimano la possibilità di procedere alla traduzione di un atto processuale, le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno stabilito il principio secondo cui, in presenza di atti o comportamenti da cui si può desumere che l’imputato conosca la lingua italiana, in modo da comprendere, adeguatamente, la natura e la complessità delle accuse mossegli, non è necessaria la traduzione poiché, in tal caso, non viene conculcato il suo diritto di difesa. Invece, in relazione alla mancata traduzione di documenti redatti in lingua diversa dall’italiano la Corte, nel delineare il perimetro entro il quale è possibile procedere alla traduzione, ha precisato che l’obbligo di usare l’idioma italiano si riferisce ai soli atti da compiere all’interno del procedimento penale e non agli atti già formati e destinati ad essere acquisiti al processo: per questi, la necessità della traduzione si pone soltanto qualora l’utilizzazione, ai fini della decisione, di uno scritto in lingua straniera possa, in concreto, pregiudicare il diritto di difesa delle parti.
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