La regola di giudizio contenuta nell’art.129 c.p.p. trova applicazione anche nella fase dell’udienza preliminare, purché sia stato instaurato correttamente il rapporto processuale. Questo significa che, una volta formulata la richiesta di rinvio a giudizio, il giudice non può pronunciare de plano la declaratoria. Di conseguenza, qualora il giudice accerti l’esistenza di una delle cause di non punibilità enunciate nell’art.129 c.p.p. prima della conclusione dell’udienza è obbligato a prosciogliere l’imputato: viceversa, terminata l’udienza il giudice è obbligato ad emanare la sentenza di non luogo a procedere (425 c.p.p.). Come si nota, le due previsioni normative (artt.129 e 425 c.p.p.), hanno, però, ambiti operativi diversi rispondendo a differenti esigenze processuali. La declaratoria disciplinata dall’art.129 c.p.p. oltre ad assumere le connotazione di una sentenza suscettibile di passare in giudicato, rappresenta una regola di condotta cogente in ogni stato e grado del processo con funzione residuale cui ricorrere nelle situazioni non specificatamente codificate: viceversa, la sentenza di non luogo a procedere, pur essendo soggetta ad impugnazione non assume il carattere della definitività (essendo soggetta a revoca ex art. 434 c.p.p.) essa, tuttavia, ha natura di sentenza processuale e rappresenta per il giudice una regola di giudizio destinata ad operare solo all’epilogo dell’udienza preliminare, cioè in uno specifico contesto temporale. ISBN: 978-88-49-51-09-04
Immediata declaratoria delle cause di non punibilità e udienza preliminare, in Annali dell’Univ. Molise, 2004
CECANESE, Gianfederico
2004-01-01
Abstract
La regola di giudizio contenuta nell’art.129 c.p.p. trova applicazione anche nella fase dell’udienza preliminare, purché sia stato instaurato correttamente il rapporto processuale. Questo significa che, una volta formulata la richiesta di rinvio a giudizio, il giudice non può pronunciare de plano la declaratoria. Di conseguenza, qualora il giudice accerti l’esistenza di una delle cause di non punibilità enunciate nell’art.129 c.p.p. prima della conclusione dell’udienza è obbligato a prosciogliere l’imputato: viceversa, terminata l’udienza il giudice è obbligato ad emanare la sentenza di non luogo a procedere (425 c.p.p.). Come si nota, le due previsioni normative (artt.129 e 425 c.p.p.), hanno, però, ambiti operativi diversi rispondendo a differenti esigenze processuali. La declaratoria disciplinata dall’art.129 c.p.p. oltre ad assumere le connotazione di una sentenza suscettibile di passare in giudicato, rappresenta una regola di condotta cogente in ogni stato e grado del processo con funzione residuale cui ricorrere nelle situazioni non specificatamente codificate: viceversa, la sentenza di non luogo a procedere, pur essendo soggetta ad impugnazione non assume il carattere della definitività (essendo soggetta a revoca ex art. 434 c.p.p.) essa, tuttavia, ha natura di sentenza processuale e rappresenta per il giudice una regola di giudizio destinata ad operare solo all’epilogo dell’udienza preliminare, cioè in uno specifico contesto temporale. ISBN: 978-88-49-51-09-04I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.