Una stima dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che tiene conto dell’invecchiamento della popolazione (il tasso di suicidio è maggiore nelle persone in età avanzata) e di altri fattori indica che, se non si interviene con politiche adeguate, nel 2020 i morti per suicidio nel mondo potrebbero essere 1,53 milioni. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, in generale, i fattori di rischio variano in relazione a continenti e Paesi diversi, secondo variabili culturali, sociali ed economiche. I disturbi psichici sono associati al 90% dei suicidi: in particolare, depressione, schizofrenia, disturbi della personalità; e poi abuso di sostanze, alcolismo (tra il 5-10% di chi è dipendente si toglie la vita), malattie fisiche croniche e dolorose, cancro e AIDS in primis, ma anche disturbi neurologici. Tra i fattori ambientali figurano problemi di relazione e familiari, violenze subite, lutti, divorzi e separazioni, altri eventi traumatici recenti, solitudine. Influiscono in modo rilevante condizioni economiche, tracolli finanziari, povertà, disoccupazione, emigrazione. Sono fattori di rischio alcune occupazioni che comportano l’esposizione a sostanze letali (medici, farmacisti, agricoltori) e, in generale, la disponibilità di mezzi atti a commettere suicidio, l’esposizione a comportamenti suicidari altrui e un precedente tentativo di suicidio: il 10-14% di chi ha tentato il suicidio si toglie poi la vita. I fattori di protezione riconosciuti, d’altra parte, sono le buone relazioni familiari, una forte consapevolezza del proprio valore e la fiducia in se stessi, ma anche la capacità di chiedere aiuto, di confrontarsi con gli altri e di imparare. Altri fattori sono l’interiorizzazione di valori e tradizioni della propria cultura, una rete di buone relazioni con amici, vicini, compagni di lavoro o di scuola, l’integrazione nel lavoro, nelle attività culturali e di tempo libero o anche fattori ambientali come l’assenza dell’uso di droghe o tabacco, mangiare e dormire in modo corretto, un’adeguata attività fisica e la presenza della luce del sole. In Italia si stima un numero di suicidi compreso fra 3.500 e 4.000 ogni anno. I dati epidemiologici sui suicidi e i tentativi di suicidio provengono dall’autorità giudiziaria (verbali e rapporti di Polizia e Carabinieri) o da quella sanitaria (secondo i dati elaborati dall’Istituto di Statistica Sanitaria tratti dai certificati di morte). Tali dati sono spesso non coerenti tra loro e sono, per parere unanime degli esperti, sottostimati (soprattutto quelli forniti dall’autorità giudiziaria): generalmente vengono aggiornati con un ritardo di almeno 2-3 anni. Nel 2004 i suicidi ‘‘ufficiali’’ sono stati, secondo l’Istat, 3.265 (758 donne e 2.507 uomini), con un tasso di 5,6/100.000 persone, con prevalenza del Nord-Est e valori molto più bassi nell’Italia meridionale. La regione che presenta il più alto tasso è il Friuli Venezia Giulia (9,8), mentre il tasso più basso si ha in Campania (2,6). Nel 2004 meno dell’1% dei suicidi aveva età inferiore a 18 anni, poco meno di due terzi erano in età lavorativa (18-64 anni) e oltre un terzo aveva superato i 65 anni. La tendenza al suicidio aumenta in percentuale all’aumentare dell’età. Tra i principali ‘‘moventi’’, così definiti nei verbali delle forze dell’ordine, si rilevano la malattia psichica, presente in circa metà dei casi, motivi affettivi, economici, malattie fisiche e un obsoleto ‘‘motivi d’onore’’. La celebre metanalisi di Harris et al. [1] ha ampiamente dimostrato come i disturbi psichiatrici siano un fattore di rischio importante per il suicidio, che ne rappresenta la più grave complicanza.

Planning the development of National guidelines on suicide prevention in psychiatric patients [Progetto per lo sviluppo di linee guida per la prevenzione del suicidio nei pazienti psichiatrici]

SARCHIAPONE, Marco
2012-01-01

Abstract

Una stima dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che tiene conto dell’invecchiamento della popolazione (il tasso di suicidio è maggiore nelle persone in età avanzata) e di altri fattori indica che, se non si interviene con politiche adeguate, nel 2020 i morti per suicidio nel mondo potrebbero essere 1,53 milioni. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, in generale, i fattori di rischio variano in relazione a continenti e Paesi diversi, secondo variabili culturali, sociali ed economiche. I disturbi psichici sono associati al 90% dei suicidi: in particolare, depressione, schizofrenia, disturbi della personalità; e poi abuso di sostanze, alcolismo (tra il 5-10% di chi è dipendente si toglie la vita), malattie fisiche croniche e dolorose, cancro e AIDS in primis, ma anche disturbi neurologici. Tra i fattori ambientali figurano problemi di relazione e familiari, violenze subite, lutti, divorzi e separazioni, altri eventi traumatici recenti, solitudine. Influiscono in modo rilevante condizioni economiche, tracolli finanziari, povertà, disoccupazione, emigrazione. Sono fattori di rischio alcune occupazioni che comportano l’esposizione a sostanze letali (medici, farmacisti, agricoltori) e, in generale, la disponibilità di mezzi atti a commettere suicidio, l’esposizione a comportamenti suicidari altrui e un precedente tentativo di suicidio: il 10-14% di chi ha tentato il suicidio si toglie poi la vita. I fattori di protezione riconosciuti, d’altra parte, sono le buone relazioni familiari, una forte consapevolezza del proprio valore e la fiducia in se stessi, ma anche la capacità di chiedere aiuto, di confrontarsi con gli altri e di imparare. Altri fattori sono l’interiorizzazione di valori e tradizioni della propria cultura, una rete di buone relazioni con amici, vicini, compagni di lavoro o di scuola, l’integrazione nel lavoro, nelle attività culturali e di tempo libero o anche fattori ambientali come l’assenza dell’uso di droghe o tabacco, mangiare e dormire in modo corretto, un’adeguata attività fisica e la presenza della luce del sole. In Italia si stima un numero di suicidi compreso fra 3.500 e 4.000 ogni anno. I dati epidemiologici sui suicidi e i tentativi di suicidio provengono dall’autorità giudiziaria (verbali e rapporti di Polizia e Carabinieri) o da quella sanitaria (secondo i dati elaborati dall’Istituto di Statistica Sanitaria tratti dai certificati di morte). Tali dati sono spesso non coerenti tra loro e sono, per parere unanime degli esperti, sottostimati (soprattutto quelli forniti dall’autorità giudiziaria): generalmente vengono aggiornati con un ritardo di almeno 2-3 anni. Nel 2004 i suicidi ‘‘ufficiali’’ sono stati, secondo l’Istat, 3.265 (758 donne e 2.507 uomini), con un tasso di 5,6/100.000 persone, con prevalenza del Nord-Est e valori molto più bassi nell’Italia meridionale. La regione che presenta il più alto tasso è il Friuli Venezia Giulia (9,8), mentre il tasso più basso si ha in Campania (2,6). Nel 2004 meno dell’1% dei suicidi aveva età inferiore a 18 anni, poco meno di due terzi erano in età lavorativa (18-64 anni) e oltre un terzo aveva superato i 65 anni. La tendenza al suicidio aumenta in percentuale all’aumentare dell’età. Tra i principali ‘‘moventi’’, così definiti nei verbali delle forze dell’ordine, si rilevano la malattia psichica, presente in circa metà dei casi, motivi affettivi, economici, malattie fisiche e un obsoleto ‘‘motivi d’onore’’. La celebre metanalisi di Harris et al. [1] ha ampiamente dimostrato come i disturbi psichiatrici siano un fattore di rischio importante per il suicidio, che ne rappresenta la più grave complicanza.
http://dx.doi.org/10.1016/j.quip.2012.01.006
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11695/3161
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