Abstract: ogni riforma presuppone l’unità dell’ordinamento giuridico. Quest’unità resta ferma, perché l’ordinamento giuridico non muta nei suoi principi essenziali, anche se modificato da nuove norme, di riforma o di revisione costituzionale. L’unità dell’ordinamento si manifesta a livello costituzionale e istituzionale ed è l’unità della Repubblica, intesa ai sensi dell’art. 120 Cost. Quest’unità può sopportare qualsiasi riforma, a condizione che sia rispettato l’ordinamento generale – e la sua principale istituzione, il Parlamento – e il fatto che da esso promana un ordinamento derivato e particolare – il Governo-amministrazione – che, per quanto sia autonomo, in nessun caso può superare i limiti stabiliti dall’ordinamento generale. In questa prospettiva si può leggere la riforma della elezione diretta del presidente del Consiglio dei ministri. Il pericolo è che vi sia un rafforzamento generale del potere del presidente e in fondo di tutto il Governo e dunque dell’Amministrazione di governo. Alcune manifestazioni di questo rafforzamento sono già presenti nel sistema attuale: per esempio nella conferenza di servizi, ove il rappresentante della presidenza del Consiglio ha il potere di superare la volontà delle altre amministrazioni, sostituendosi ad esse e imponendo il suo interesse, sovente ricondotto, in giurisprudenza, all’unità della Repubblica, ai sensi dell’art. 120 Cost. Altro fenomeno di rafforzamento è visibile nell’amplissima sfera di merito e di discrezionalità politico-amministrativa che il giudice amministrativo suole riconoscere negli atti di alta amministrazione del Governo, con relativa diminuzione o eliminazione del sindacato giurisdizionale di legittimità; e in questo senso il fenomeno è altresì visibile nell’esperienza della pandemia e nel sindacato giurisdizionale che verte sul D.P.C.M. Le preoccupazioni del rafforzamento sono evidenti e portano l’autore a valutare negativamente la riforma. I rimedi suggeriti sono due: una riforma costituzionale che contempli un adeguato e per ora inesistente sistema di contrappesi e garanzie, e, in mancanza, un sindacato giurisdizionale del Consiglio di Stato che torni ad essere profondo e incisivo.

RIFORME ISTITUZIONALI E PREMIERATO. CHE GOVERNO-AMMINISTRAZIONE POTREBBE ESSERE?

Alessandro Cioffi
2024-01-01

Abstract

Abstract: ogni riforma presuppone l’unità dell’ordinamento giuridico. Quest’unità resta ferma, perché l’ordinamento giuridico non muta nei suoi principi essenziali, anche se modificato da nuove norme, di riforma o di revisione costituzionale. L’unità dell’ordinamento si manifesta a livello costituzionale e istituzionale ed è l’unità della Repubblica, intesa ai sensi dell’art. 120 Cost. Quest’unità può sopportare qualsiasi riforma, a condizione che sia rispettato l’ordinamento generale – e la sua principale istituzione, il Parlamento – e il fatto che da esso promana un ordinamento derivato e particolare – il Governo-amministrazione – che, per quanto sia autonomo, in nessun caso può superare i limiti stabiliti dall’ordinamento generale. In questa prospettiva si può leggere la riforma della elezione diretta del presidente del Consiglio dei ministri. Il pericolo è che vi sia un rafforzamento generale del potere del presidente e in fondo di tutto il Governo e dunque dell’Amministrazione di governo. Alcune manifestazioni di questo rafforzamento sono già presenti nel sistema attuale: per esempio nella conferenza di servizi, ove il rappresentante della presidenza del Consiglio ha il potere di superare la volontà delle altre amministrazioni, sostituendosi ad esse e imponendo il suo interesse, sovente ricondotto, in giurisprudenza, all’unità della Repubblica, ai sensi dell’art. 120 Cost. Altro fenomeno di rafforzamento è visibile nell’amplissima sfera di merito e di discrezionalità politico-amministrativa che il giudice amministrativo suole riconoscere negli atti di alta amministrazione del Governo, con relativa diminuzione o eliminazione del sindacato giurisdizionale di legittimità; e in questo senso il fenomeno è altresì visibile nell’esperienza della pandemia e nel sindacato giurisdizionale che verte sul D.P.C.M. Le preoccupazioni del rafforzamento sono evidenti e portano l’autore a valutare negativamente la riforma. I rimedi suggeriti sono due: una riforma costituzionale che contempli un adeguato e per ora inesistente sistema di contrappesi e garanzie, e, in mancanza, un sindacato giurisdizionale del Consiglio di Stato che torni ad essere profondo e incisivo.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11695/140189
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