Il 1917 rappresenta il critico profilo che l’esperienza militare italiana assunse durante l’epilogo della Grande guerra. La voragine strategica, sociale, psicologica, dipanatasi dopo Caporetto rischiava di condurre il Regno d’Italia alla stipula di uno sfavorevole trattato di resa. Tuttavia, il cambio al vertice dello Stato maggiore e alla guida del governo impresse una rinnovata sensazione. Al motto “Resistere, resistere, resistere!” di Vittorio Emanuele Orlando, si andò ad aggiungere però un ulteriore elemento decisivo: la chiamata in prima linea dell’ultima leva di cui l’Italia disponeva, quella dei nati nel 1899. Circa duecentosettantamila giovani, alcuni non ancora diciottenni, furono inviati al fronte per arginare e difendere il territorio della patria. Il loro battesimo del fuoco sul Massiccio del Grappa avrebbe rappresentato la palingenesi che avrebbe condotto alla vittoria. Proprio tale percorso rivela una narrazione che trova il proprio epicentro sulle alture alpine. Queste montagne racchiudono il prezioso contributo fornito da una generazione di giovani uomini, chiamati a divenire di colpo adulti per difendere il paese. Tramite l’utilizzo dei fondi archivistici presso l’ACS e l’Ufficio Storico SME, nonché della principale bibliografia, risulta possibile tracciare lo schema di connessione osmotica sussistente tra la generazione del ’99 e i tratti alpini presso i quali fu chiamata a fornire il proprio contributo. Il sinallagma profondo tra i giovani soldati, ultimo baluardo della strategia bellica italiana, e la catena alpina, difesa naturale del paese, è racchiuso in quella esperienza trasmutata nella leggenda del Piave. Una esperienza che però fu soprattutto un atto di coraggio per la difesa della comunità nazionale. Anche per questa ragione, il cruciale contributo fornito dalla leva del ’99 merita di essere cristallizzato nella memoria storica collettiva.

I giovani adulti delle Alpi. Il ruolo della generazione del '99 nella fase conclusiva della I Guerra mondiale

IGLIERI G
2021-01-01

Abstract

Il 1917 rappresenta il critico profilo che l’esperienza militare italiana assunse durante l’epilogo della Grande guerra. La voragine strategica, sociale, psicologica, dipanatasi dopo Caporetto rischiava di condurre il Regno d’Italia alla stipula di uno sfavorevole trattato di resa. Tuttavia, il cambio al vertice dello Stato maggiore e alla guida del governo impresse una rinnovata sensazione. Al motto “Resistere, resistere, resistere!” di Vittorio Emanuele Orlando, si andò ad aggiungere però un ulteriore elemento decisivo: la chiamata in prima linea dell’ultima leva di cui l’Italia disponeva, quella dei nati nel 1899. Circa duecentosettantamila giovani, alcuni non ancora diciottenni, furono inviati al fronte per arginare e difendere il territorio della patria. Il loro battesimo del fuoco sul Massiccio del Grappa avrebbe rappresentato la palingenesi che avrebbe condotto alla vittoria. Proprio tale percorso rivela una narrazione che trova il proprio epicentro sulle alture alpine. Queste montagne racchiudono il prezioso contributo fornito da una generazione di giovani uomini, chiamati a divenire di colpo adulti per difendere il paese. Tramite l’utilizzo dei fondi archivistici presso l’ACS e l’Ufficio Storico SME, nonché della principale bibliografia, risulta possibile tracciare lo schema di connessione osmotica sussistente tra la generazione del ’99 e i tratti alpini presso i quali fu chiamata a fornire il proprio contributo. Il sinallagma profondo tra i giovani soldati, ultimo baluardo della strategia bellica italiana, e la catena alpina, difesa naturale del paese, è racchiuso in quella esperienza trasmutata nella leggenda del Piave. Una esperienza che però fu soprattutto un atto di coraggio per la difesa della comunità nazionale. Anche per questa ragione, il cruciale contributo fornito dalla leva del ’99 merita di essere cristallizzato nella memoria storica collettiva.
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