Quello della emersione anticipata e tempestiva della crisi di impresa è tema di centrale attualità, in ragione della ‘defaillance’ economico-finanziaria che sta investendo i mercati mondiali, prima, e nazionali, poi. Ma la spinta verso l’uscita dalla crisi rappresenta soltanto la sublime giustificazione alla concessione, da parte del legislatore nazionale, di strumenti di favore per l’imprenditore che voglia, grazie ad una scelta autoindotta, regolare con i creditori il proprio dissesto manifestando all’esterno una situazione economico-finanziaria che, se lasciata al caso o all’inerzia della dirigenza, potrebbe trascinarsi nella c.d. insolvenza irreversibile, da trattare soltanto con il circuito liquidatorio della procedura fallimentare, sebbene l’esprit de loi riformista, che ha più volte inciso sul Regio Decreto n. 267 del 1942, sia stato caratterizzato da una più intensa sensibilità verso la conservazione dei valori aziendali. Il viatico di questo lavoro è rappresentato dall’interesse verso quelle sollecitazioni, non già autoindotte, bensì etero-indotte, di matrice giudiziale, che siano tali da ‘influenzare’ l’imprenditore ad uscire allo scoperto e sedersi ad un tavolo di trattative con i propri creditori. Da questa prospettiva, dunque, la crisi d’impresa non assume valore soltanto perché attuale e globalizzata, bensì si conferma come una situazione patologica che, se non trattata tempestivamente, pregiudica gli interessi di quanti gravitano intorno all’asse imprenditoriale. «Sollecitazioni giuridicamente rilevanti all’emersione anticipata e tempestiva della crisi di impresa: una rielaborazione sistematica», ad un tempo titolo e chiave di lettura dell’indagine: per ‘sollecitazione’ si intende quella attività diretta ad indurre qualcuno verso una certa scelta od una certa decisione; con la locuzione ‘giuridicamente rilevanti’ si intende la necessità che le sollecitazioni medesime promanino autoritativamente ed autorevolmente da un giudice, e si rilevino quali induzioni qualificate; il termine ‘anticipazione’, invece, introduce un dato temporale che permetta di collocare siffatte ‘induzioni qualificate’ in un momento precedente rispetto all’ordinaria emersione di un dissesto imprenditoriale; in ultimo, l’aggettivo “tempestiva” denuncia la necessità a che l’emersione della crisi intervenga quando sia possibile la sua regolazione senza che si sacrifichino tutti gli interessi che gravitano intorno all’impresa, prassi, peraltro, dalla quale la mentalità imprenditoriale nazionale non pare volersi affrancare. Allo stato attuale delle cose, quindi, il legislatore consegna agli operatori economici, suggellandoli espressamente come strumenti di emersione anticipata e tempestiva della crisi di impresa, i rimedi negoziali del piano attestato di risanamento, dell’accordo di ristrutturazione dei debiti e del concordato preventivo, rispettivamente incasellati negli artt. 67 lettera d), 182 bis e 160 e ss. della Legge Fallimentare, la cui analisi impegna il primo capitolo. L’indagine, in successione, nel secondo capitolo, muove dalla analisi di altre norme, contenute nella legge fallimentare e nel codice civile, non espressamente votate alla emersione della crisi di impresa, ma che (ed in una situazione di netto paradosso rispetto alle scelte legislative), grazie ad una interpretazione teleologicamente orientata verso siffatto fine, si ritengono idonee a motivare quelle sonorità di cui la mancata normazione delle misure di allerta e prevenzione rappresenta la eco. Infine, una ricognizione sistematica degli strumenti italiani mai si sarebbe potuta svolgere, se non in relazione all’analisi degli istituti concessi da un ordinamento nel quale la cultura della prevenzione delle difficoltà dell’impresa sembra essere più matura e sensibile: il terzo ed ultimo capitolo è votato alla disanima del sistema delle allerte francesi, tanto endogene quanto esogene all’impresa.
Sollecitazioni giuridicamente rilevanti all'emersione anticipata e tempestiva della crisi d'impresa: una rielaborazione sistematica
Carmellino, Giovanni
2013-05-20
Abstract
Quello della emersione anticipata e tempestiva della crisi di impresa è tema di centrale attualità, in ragione della ‘defaillance’ economico-finanziaria che sta investendo i mercati mondiali, prima, e nazionali, poi. Ma la spinta verso l’uscita dalla crisi rappresenta soltanto la sublime giustificazione alla concessione, da parte del legislatore nazionale, di strumenti di favore per l’imprenditore che voglia, grazie ad una scelta autoindotta, regolare con i creditori il proprio dissesto manifestando all’esterno una situazione economico-finanziaria che, se lasciata al caso o all’inerzia della dirigenza, potrebbe trascinarsi nella c.d. insolvenza irreversibile, da trattare soltanto con il circuito liquidatorio della procedura fallimentare, sebbene l’esprit de loi riformista, che ha più volte inciso sul Regio Decreto n. 267 del 1942, sia stato caratterizzato da una più intensa sensibilità verso la conservazione dei valori aziendali. Il viatico di questo lavoro è rappresentato dall’interesse verso quelle sollecitazioni, non già autoindotte, bensì etero-indotte, di matrice giudiziale, che siano tali da ‘influenzare’ l’imprenditore ad uscire allo scoperto e sedersi ad un tavolo di trattative con i propri creditori. Da questa prospettiva, dunque, la crisi d’impresa non assume valore soltanto perché attuale e globalizzata, bensì si conferma come una situazione patologica che, se non trattata tempestivamente, pregiudica gli interessi di quanti gravitano intorno all’asse imprenditoriale. «Sollecitazioni giuridicamente rilevanti all’emersione anticipata e tempestiva della crisi di impresa: una rielaborazione sistematica», ad un tempo titolo e chiave di lettura dell’indagine: per ‘sollecitazione’ si intende quella attività diretta ad indurre qualcuno verso una certa scelta od una certa decisione; con la locuzione ‘giuridicamente rilevanti’ si intende la necessità che le sollecitazioni medesime promanino autoritativamente ed autorevolmente da un giudice, e si rilevino quali induzioni qualificate; il termine ‘anticipazione’, invece, introduce un dato temporale che permetta di collocare siffatte ‘induzioni qualificate’ in un momento precedente rispetto all’ordinaria emersione di un dissesto imprenditoriale; in ultimo, l’aggettivo “tempestiva” denuncia la necessità a che l’emersione della crisi intervenga quando sia possibile la sua regolazione senza che si sacrifichino tutti gli interessi che gravitano intorno all’impresa, prassi, peraltro, dalla quale la mentalità imprenditoriale nazionale non pare volersi affrancare. Allo stato attuale delle cose, quindi, il legislatore consegna agli operatori economici, suggellandoli espressamente come strumenti di emersione anticipata e tempestiva della crisi di impresa, i rimedi negoziali del piano attestato di risanamento, dell’accordo di ristrutturazione dei debiti e del concordato preventivo, rispettivamente incasellati negli artt. 67 lettera d), 182 bis e 160 e ss. della Legge Fallimentare, la cui analisi impegna il primo capitolo. L’indagine, in successione, nel secondo capitolo, muove dalla analisi di altre norme, contenute nella legge fallimentare e nel codice civile, non espressamente votate alla emersione della crisi di impresa, ma che (ed in una situazione di netto paradosso rispetto alle scelte legislative), grazie ad una interpretazione teleologicamente orientata verso siffatto fine, si ritengono idonee a motivare quelle sonorità di cui la mancata normazione delle misure di allerta e prevenzione rappresenta la eco. Infine, una ricognizione sistematica degli strumenti italiani mai si sarebbe potuta svolgere, se non in relazione all’analisi degli istituti concessi da un ordinamento nel quale la cultura della prevenzione delle difficoltà dell’impresa sembra essere più matura e sensibile: il terzo ed ultimo capitolo è votato alla disanima del sistema delle allerte francesi, tanto endogene quanto esogene all’impresa.File | Dimensione | Formato | |
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