Il caso della marchesa di Pietracatella, per la sua particolarità territoriale, è un tassello sconosciuto dell’ampio mosaico che costituisce la storia del Regno di Napoli in età moderna. Sinforosa Mastrogiudice nacque a Bonefro nel 1675 e morì nel 1743. La sua vita fu caratterizzata da vicende che mutarono la condizione alla quale era stata destinata dalla nascita. Le consuetudini dell’epoca non prevedevano che una donna gestisse in prima persona il patrimonio di famiglia ed i beni feudali del casato di appartenenza. Tale compito era riservato, infatti, ai primogeniti di sesso maschile delle grandi famiglie aristocratiche. Sinforosa era figlia di Luigi Mastrogiudice, marchese di Montorio, Montelongo e Bonefro, e di Beatrice Carmignani. Sposò, nell’anno 1700, Giovan Francesco Ceva Grimaldi, erede della famiglia che possedeva nel Contado di Molise i feudi di Pietracatella, Gambatesa e Macchia Valfortore. Tali terre erano collocate nelle vicinanze dei possedimenti dei Mastrogiudice, perciò il matrimonio servì a sancire l’alleanza tra i due casati. La mancanza di figli maschi da parte dei Mastrogiudice portò il padre di Sinforosa a affidarle, nel 1720, l’intero patrimonio feudale di famiglia. Questo andò ad aggiungersi alle terre dei Ceva Grimaldi che la giovane Sinforosa già gestiva dal 1707, anno in cui era rimasta vedova. Da quel momento, ella divenne signora di una vasta area territoriale che si estendeva dalla zone del Fortore molisano alle terre di Capitanata. Con intelligenza la marchesa governò per circa venti anni sui feudi delle due famiglie di cui fu l’anello di congiunzione. L’attenta gestione fu importante per le popolazioni e le città su cui esercitò il potere feudale. A Montorio nei Frentani, ad esempio, Sinforosa investì i capitali ricavati da una costante ed assidua riscossione delle tasse sui beni feudali di sua proprietà. Il paese, quasi totalmente distrutto dai terremoti, venne ricostruito grazie agli investimenti attuati dalla marchesa, e nuovi abitanti vi si trasferirono dai centri vicini. La feudataria aveva, infatti, incentivato nuove attività manifatturiere e coltivazioni di grano e cereali. I rapporti con gli abitanti dei centri su cui la nobildonna governò non furono sempre buoni. Ella dovette, soprattutto dopo il 1730, concedere privilegi alle comunità locali per porre fine alle dure lotte che erano scoppiate. Sinforosa promosse, inoltre, la ristrutturazione dei propri palazzi nobiliari rendendoli più grandi e lussuosi. Soprattutto a Pietracatella, infatti, la dimora signorile di proprietà della famiglia Ceva Grimaldi venne ampliata e ospitò il figlio della marchesa, Giuseppe Maria, dopo le nozze con Angela Pisanelli, celebrate nel 1731. Due anni prima di morire, nel 1741, Sinforosa fece testamento. Lasciò al primogenito tutti i beni feudali delle famiglie Ceva Grimaldi e Mastrogiudice e gli oggetti preziosi a lei appartenuti. Al secondo figlio, Diego, lasciò parte del patrimonio facendo in modo che non scoppiassero litigi tra i due fratelli. Alle due altre figlie femmine, monache nel monastero di S. Francesco dell’Osservanza di Napoli, Sinforosa garantì una vita senza privazioni. Tutti conservarono, nei decenni a venire, il ricordo della bontà e dell’intelligenza della marchesa.

Poteri, economia e stili di vita di una famiglia feudale. Il caso di Sinforosa Mastrogiudice marchesa di Pietracatella (1675-1743)

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2011-02-03

Abstract

Il caso della marchesa di Pietracatella, per la sua particolarità territoriale, è un tassello sconosciuto dell’ampio mosaico che costituisce la storia del Regno di Napoli in età moderna. Sinforosa Mastrogiudice nacque a Bonefro nel 1675 e morì nel 1743. La sua vita fu caratterizzata da vicende che mutarono la condizione alla quale era stata destinata dalla nascita. Le consuetudini dell’epoca non prevedevano che una donna gestisse in prima persona il patrimonio di famiglia ed i beni feudali del casato di appartenenza. Tale compito era riservato, infatti, ai primogeniti di sesso maschile delle grandi famiglie aristocratiche. Sinforosa era figlia di Luigi Mastrogiudice, marchese di Montorio, Montelongo e Bonefro, e di Beatrice Carmignani. Sposò, nell’anno 1700, Giovan Francesco Ceva Grimaldi, erede della famiglia che possedeva nel Contado di Molise i feudi di Pietracatella, Gambatesa e Macchia Valfortore. Tali terre erano collocate nelle vicinanze dei possedimenti dei Mastrogiudice, perciò il matrimonio servì a sancire l’alleanza tra i due casati. La mancanza di figli maschi da parte dei Mastrogiudice portò il padre di Sinforosa a affidarle, nel 1720, l’intero patrimonio feudale di famiglia. Questo andò ad aggiungersi alle terre dei Ceva Grimaldi che la giovane Sinforosa già gestiva dal 1707, anno in cui era rimasta vedova. Da quel momento, ella divenne signora di una vasta area territoriale che si estendeva dalla zone del Fortore molisano alle terre di Capitanata. Con intelligenza la marchesa governò per circa venti anni sui feudi delle due famiglie di cui fu l’anello di congiunzione. L’attenta gestione fu importante per le popolazioni e le città su cui esercitò il potere feudale. A Montorio nei Frentani, ad esempio, Sinforosa investì i capitali ricavati da una costante ed assidua riscossione delle tasse sui beni feudali di sua proprietà. Il paese, quasi totalmente distrutto dai terremoti, venne ricostruito grazie agli investimenti attuati dalla marchesa, e nuovi abitanti vi si trasferirono dai centri vicini. La feudataria aveva, infatti, incentivato nuove attività manifatturiere e coltivazioni di grano e cereali. I rapporti con gli abitanti dei centri su cui la nobildonna governò non furono sempre buoni. Ella dovette, soprattutto dopo il 1730, concedere privilegi alle comunità locali per porre fine alle dure lotte che erano scoppiate. Sinforosa promosse, inoltre, la ristrutturazione dei propri palazzi nobiliari rendendoli più grandi e lussuosi. Soprattutto a Pietracatella, infatti, la dimora signorile di proprietà della famiglia Ceva Grimaldi venne ampliata e ospitò il figlio della marchesa, Giuseppe Maria, dopo le nozze con Angela Pisanelli, celebrate nel 1731. Due anni prima di morire, nel 1741, Sinforosa fece testamento. Lasciò al primogenito tutti i beni feudali delle famiglie Ceva Grimaldi e Mastrogiudice e gli oggetti preziosi a lei appartenuti. Al secondo figlio, Diego, lasciò parte del patrimonio facendo in modo che non scoppiassero litigi tra i due fratelli. Alle due altre figlie femmine, monache nel monastero di S. Francesco dell’Osservanza di Napoli, Sinforosa garantì una vita senza privazioni. Tutti conservarono, nei decenni a venire, il ricordo della bontà e dell’intelligenza della marchesa.
The power, the economy and the lifestyle of a feudal family. The case of Sinforosa Mastrogiudice marchesa di Pietracatella (1675-1743)
3-feb-2011
Fiorilli, Sonia
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