Scopo del contributo è l'analisi del termine saltus nelle sue diverse accezioni, nel tentativo di ricostruire il percorso attraverso il quale, dal più generico (e primitivo) valore di area incolta e coperta da boschi e foreste, è passato a significati più specializzati nel lessico gromatico e agrario. Nella sua accezione più ampia, il termine è infatti utilizzato per definire spazi incolti e coperti di boschi, più o meno estesi, di accesso difficile e impervi. Il termine, tuttavia, è stato impiegato anche per definire altre realtà: secondo Varrone si usa saltus per indicare una superficie che la presenza di silvae o altri ostacoli naturali rendono non adatta alla coltivazione ma che, invece, può essere destinata al pascolo del bestiame. Di poco posteriore è la definizione che del termine dà Elio Gallo: come in Varrone, saltus individua una superficie occupata da selve e pascoli ma, offrendone un'immagine ben più articolata, in essa vi sono anche edifici, manodopera e personale di controllo nonché, per il ostentamento di costoro, aree tenute a coltivo. Sembra trattarsi, dunque, di un'unità fondiaria di cospicue dimensioni, dotata di una propria autonomia organizzativa e gestionale, che lo stesso autore contrappone al fundus; tale contrapposizione riflette due differenti modelli di sfruttamento delle risorse del suolo, non necessariamente complementari tra loro, da un lato l'allevamento specializzato, transumante, esercitato su scala medio-grande, dall'altro l'agricoltura. La connessione tra saltus e l’attività pascoliva specializzata, basata sulla transumanza, ritorna anche nelle fonti giuridiche di prima e media età imperiale. In età repubblicana si utilizza saltus anche nel lessico gromatico con un preciso valore tecnico, per indicare il raggruppamento di un certo numero di centurie e, ancora, nel corpus dei gromatici il termine è usato nella nuova e diversa e accezione di grande proprietà fondiaria, somma di più fundi, talora superiore per superficie ad un territorio cittadino. Soprattutto la documentazione epigrafica africana consente di farsi un’idea della configurazione di queste grandi proprietà ove il nucleo principale poteva assolvere anche a quelle funzioni civico-religiose ed economiche altrove svolte dai centri urbani e a tale scopo era fornito delle necessarie strutture civico-religiose. Riflessi di questa nuova valenza di saltus possono cogliersi in Italia, nella tavola di Veleia. Queste diverse accezioni progressivamente assunte dal termine possono spiegarsi alla luce dell’interesse precoce allo sfruttamento di quelle aree incolte e coperte da boschi che, se repulsive per l’agricoltura, erano comunque sfruttabili per le loro risorse (minerarie, forestali, pascolo) e che, soprattutto se demaniali, per essere pienamente sfruttate, dovevano necessariamente essere sottoposte ad una qualche forma di perimetrazione, sia interna (per distinguere i singoli appezzamenti dati in concessione) che esterna (rispetto alle altre proprietà, pubbliche o private, circostanti) e per tale via saltus, potrebbe aver assunto una sua valenza nell'ambito amministrativo e fiscale. Ciò ne spiega il suo utilizzo nel lessico gromatico sia per indicare il raggruppamento di un certo numero di centurie che un tipo particolare di assegnazioni - in saltibus - all'interno di una limitatio ove, evidentemente, non era stata prevista la realizzazione dei limites interni sotto forma di vie campestri per definire le singole centurie ma la semplice terminazione di queste ultime. E’ possibile che questo tipo di divisione fosse privilegiata per quelle superfici destinate ad uso pascolivo e ciò spiegherebbe l'utilizzo di saltus in rapporto all'allevamento specializzato che ha bisogno di larghi spazi e a tal fine utilizza le superfici pascolive integrate nei reticoli centuriati e suddivise per saltus oppure quelle dell' ager publicus che, in ogni caso, deve aver conosciuto una qualche forma di perimetrazione e divisione interna. E’ altresì possibile che anche le grandi proprietà fondiarie per le quali è utilizzato il termine saltus nel corpus gromatico presentassero forme di divisioni agrarie caratterizzate da un reticolo centuriale dalla maglia larga (per saltus) - che costituiva il quadro di riferimento catastale - e suddivisioni interne realizzate con cippi o altri tipi di segnacoli che potevano restituire la divisione per centurie all'interno di ciascun saltus e marcare la parcellizzazione della proprietà tra i vari affittuari e coloni. Ciò potrebbe spiegare perché, pur parlandosi di centuriae e subseciva nelle iscrizioni di Ain Wassel e Henchir Mettich, e dunque evocandosi un territorio gromaticamente organizzato, nella media valle del Bagradas non siano osservabili resti di divisioni agrarie. Se così, l'uso di saltus in rapporto alla grande proprietà terriera ne rifletterebbe l'accezione gromatica, con la sua applicazione a superfici sottoposte a forme particolari di divisione agrimensoria.
Saltus
SORICELLI, Gianluca
2004-01-01
Abstract
Scopo del contributo è l'analisi del termine saltus nelle sue diverse accezioni, nel tentativo di ricostruire il percorso attraverso il quale, dal più generico (e primitivo) valore di area incolta e coperta da boschi e foreste, è passato a significati più specializzati nel lessico gromatico e agrario. Nella sua accezione più ampia, il termine è infatti utilizzato per definire spazi incolti e coperti di boschi, più o meno estesi, di accesso difficile e impervi. Il termine, tuttavia, è stato impiegato anche per definire altre realtà: secondo Varrone si usa saltus per indicare una superficie che la presenza di silvae o altri ostacoli naturali rendono non adatta alla coltivazione ma che, invece, può essere destinata al pascolo del bestiame. Di poco posteriore è la definizione che del termine dà Elio Gallo: come in Varrone, saltus individua una superficie occupata da selve e pascoli ma, offrendone un'immagine ben più articolata, in essa vi sono anche edifici, manodopera e personale di controllo nonché, per il ostentamento di costoro, aree tenute a coltivo. Sembra trattarsi, dunque, di un'unità fondiaria di cospicue dimensioni, dotata di una propria autonomia organizzativa e gestionale, che lo stesso autore contrappone al fundus; tale contrapposizione riflette due differenti modelli di sfruttamento delle risorse del suolo, non necessariamente complementari tra loro, da un lato l'allevamento specializzato, transumante, esercitato su scala medio-grande, dall'altro l'agricoltura. La connessione tra saltus e l’attività pascoliva specializzata, basata sulla transumanza, ritorna anche nelle fonti giuridiche di prima e media età imperiale. In età repubblicana si utilizza saltus anche nel lessico gromatico con un preciso valore tecnico, per indicare il raggruppamento di un certo numero di centurie e, ancora, nel corpus dei gromatici il termine è usato nella nuova e diversa e accezione di grande proprietà fondiaria, somma di più fundi, talora superiore per superficie ad un territorio cittadino. Soprattutto la documentazione epigrafica africana consente di farsi un’idea della configurazione di queste grandi proprietà ove il nucleo principale poteva assolvere anche a quelle funzioni civico-religiose ed economiche altrove svolte dai centri urbani e a tale scopo era fornito delle necessarie strutture civico-religiose. Riflessi di questa nuova valenza di saltus possono cogliersi in Italia, nella tavola di Veleia. Queste diverse accezioni progressivamente assunte dal termine possono spiegarsi alla luce dell’interesse precoce allo sfruttamento di quelle aree incolte e coperte da boschi che, se repulsive per l’agricoltura, erano comunque sfruttabili per le loro risorse (minerarie, forestali, pascolo) e che, soprattutto se demaniali, per essere pienamente sfruttate, dovevano necessariamente essere sottoposte ad una qualche forma di perimetrazione, sia interna (per distinguere i singoli appezzamenti dati in concessione) che esterna (rispetto alle altre proprietà, pubbliche o private, circostanti) e per tale via saltus, potrebbe aver assunto una sua valenza nell'ambito amministrativo e fiscale. Ciò ne spiega il suo utilizzo nel lessico gromatico sia per indicare il raggruppamento di un certo numero di centurie che un tipo particolare di assegnazioni - in saltibus - all'interno di una limitatio ove, evidentemente, non era stata prevista la realizzazione dei limites interni sotto forma di vie campestri per definire le singole centurie ma la semplice terminazione di queste ultime. E’ possibile che questo tipo di divisione fosse privilegiata per quelle superfici destinate ad uso pascolivo e ciò spiegherebbe l'utilizzo di saltus in rapporto all'allevamento specializzato che ha bisogno di larghi spazi e a tal fine utilizza le superfici pascolive integrate nei reticoli centuriati e suddivise per saltus oppure quelle dell' ager publicus che, in ogni caso, deve aver conosciuto una qualche forma di perimetrazione e divisione interna. E’ altresì possibile che anche le grandi proprietà fondiarie per le quali è utilizzato il termine saltus nel corpus gromatico presentassero forme di divisioni agrarie caratterizzate da un reticolo centuriale dalla maglia larga (per saltus) - che costituiva il quadro di riferimento catastale - e suddivisioni interne realizzate con cippi o altri tipi di segnacoli che potevano restituire la divisione per centurie all'interno di ciascun saltus e marcare la parcellizzazione della proprietà tra i vari affittuari e coloni. Ciò potrebbe spiegare perché, pur parlandosi di centuriae e subseciva nelle iscrizioni di Ain Wassel e Henchir Mettich, e dunque evocandosi un territorio gromaticamente organizzato, nella media valle del Bagradas non siano osservabili resti di divisioni agrarie. Se così, l'uso di saltus in rapporto alla grande proprietà terriera ne rifletterebbe l'accezione gromatica, con la sua applicazione a superfici sottoposte a forme particolari di divisione agrimensoria.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.