Per contestualizzare le riflessioni avanzate in questo contributo, si è ritenuto opportuno iniziare da una sintetica, necessariamente parziale ricognizione della storia degli studi demo-etno-antropologici italiani, ma per certi versi anche europei, sulle comunità rurali e dall’articolazione dei rapporti tra mondo culto e immagini della civiltà contadina che molto ci racconta anche del suo contraltare urbano. Esiste, infatti, un'interessante correlazione in Europa tra analisi dei fenomeni di abbandono e spopolamento delle aree interne e periferiche del Paese, politiche territoriali e ricerca socio-culturale sulle comunità rurali. Si tratta di studi condotti da geografi, economisti, studiosi di scienze agrarie. Al tempo stesso, negli ultimi decenni, gli antropologi e i sociologi rurali, in particolar modo, hanno messo in discussione le rappresentazioni della civiltà contadina, documentato e analizzato le pratiche e le conoscenze tradizionali, le produzioni tipiche locali, concentrando spesso le loro etnografie sulle regioni interne, spopolate e fragili e/o su nuove esperienze di rigenerazione territoriale in aree europee marginali e periferiche. Alcune domande tornano con forza al cuore di queste riflessioni: perché alcune aree hanno più di altre subito processi di spopolamento? Quali "forme di vita" si sono mantenute in queste regioni? Quali atteggiamenti sociali e culturali si sono sviluppati in queste zone remote e periferiche? Il presente contributo cerca di tracciare una riflessione sul peso che i patrimoni culturali delle comunità rurali e montane possano avere nel ripensare le strategie contemporanee di sviluppo sostenibile e prima ancora nel fornire alle popolazioni locali ragioni e motivazioni per restare e continuare a credere in un futuro possibile per queste aree. Le interazioni tra comunità locali, regimi patrimoniali e processi partecipativi divengono l’occasione per una riflessione sulla nozione stessa di “civiltà contadina”, di comunità rurali, sulle diverse nozioni di arretratezza e di sviluppo delle cosiddette aree interne e fragili.

Restare. Comunitá locali, regimi patrimoniali e processi participativi

Letizia Bindi
2019-01-01

Abstract

Per contestualizzare le riflessioni avanzate in questo contributo, si è ritenuto opportuno iniziare da una sintetica, necessariamente parziale ricognizione della storia degli studi demo-etno-antropologici italiani, ma per certi versi anche europei, sulle comunità rurali e dall’articolazione dei rapporti tra mondo culto e immagini della civiltà contadina che molto ci racconta anche del suo contraltare urbano. Esiste, infatti, un'interessante correlazione in Europa tra analisi dei fenomeni di abbandono e spopolamento delle aree interne e periferiche del Paese, politiche territoriali e ricerca socio-culturale sulle comunità rurali. Si tratta di studi condotti da geografi, economisti, studiosi di scienze agrarie. Al tempo stesso, negli ultimi decenni, gli antropologi e i sociologi rurali, in particolar modo, hanno messo in discussione le rappresentazioni della civiltà contadina, documentato e analizzato le pratiche e le conoscenze tradizionali, le produzioni tipiche locali, concentrando spesso le loro etnografie sulle regioni interne, spopolate e fragili e/o su nuove esperienze di rigenerazione territoriale in aree europee marginali e periferiche. Alcune domande tornano con forza al cuore di queste riflessioni: perché alcune aree hanno più di altre subito processi di spopolamento? Quali "forme di vita" si sono mantenute in queste regioni? Quali atteggiamenti sociali e culturali si sono sviluppati in queste zone remote e periferiche? Il presente contributo cerca di tracciare una riflessione sul peso che i patrimoni culturali delle comunità rurali e montane possano avere nel ripensare le strategie contemporanee di sviluppo sostenibile e prima ancora nel fornire alle popolazioni locali ragioni e motivazioni per restare e continuare a credere in un futuro possibile per queste aree. Le interazioni tra comunità locali, regimi patrimoniali e processi partecipativi divengono l’occasione per una riflessione sulla nozione stessa di “civiltà contadina”, di comunità rurali, sulle diverse nozioni di arretratezza e di sviluppo delle cosiddette aree interne e fragili.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11695/91229
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