The language used by Giorgio Vasari in Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, published the first time in the 1550 reflects instead the experience of an artist who expresses himself in the language of colleagues met while working and traveling throughout Italy. The text of the history of representatives of the three arts, in both editions of Vasari’s Lives – that of 1550 called Torrentiniana (after the name of the Florentine publishing house, Lorenzo Torrentino) and that of 1568 referred to as Giuntina (after the name of the Florentine publishing house, Giunti), encompasses a linguistic reality with a well-defined physiognomy which, although firmly grounded in the Tuscan language, also remains permeable to terms used in other regions. And the enrichment of Le vite with architectural terminology is more evident in the 1568 edition, after Vasari had gained practical experience and expertise in architecture.

Giorgio Vasari non soltanto istituzionalizzò il lessico della critica, connotando di accezioni tecniche numerosi termini che nelle due edizioni della storia degli artisti, la Torrentiniana e la Giuntina, scandivano i giudizi su opere e operato di artisti, ma illustrò anche la terminologia specialistica delle tre arti del disegno. Fra le parti che inaugurano le «Vite», fin dalla prima edizione i capitoli dedicati all’architettura, alla scultura e alla pittura sono presentati dall’autore come «una introduzzione» necessaria sia per definire le peculiarità di ogni disciplina artistica sia per determinare i concetti di una descrizione squisitamente tecnica. L’articolata «introduzzione» — le cosiddette Teoriche, l’incipit propedeutico di entrambe le edizioni dell’opera — è un trattato tecnico, in cui lo scrittore aretino descrive le pratiche artistiche soffermandosi con dettagliate precisazioni su ogni genere di lavori, ma anche sui materiali grezzi, sui composti sapientemente lavorati (dalla mestica all’imprimitura all’arricciato) e sugli strumenti (come calcagnuoli e gradine, il bulino e molti altri). Spesseggiano nell’«introduzzione» i quadri descrittivi di pietre (dal travertino al porfido alla «pietra nera detta Paragone») e di svariate «azzioni degli artefici»: il «pittor aretino» dà ampio spazio alla sua prima arte (dal «colorire a tempera» al «lavorare in olio» al «lavorare in fresco, differente e vario da tutti gli altri») accompagnata da quelle a lei «congeneri», cioè da «qualunche cosa che da questa dependa»: «il musaico de’ vetri, il commetter le tarsie di colori» e altre. Nel 1568, aggiungendo sul frontespizio della nuova edizione delle «Vite» il titolo di «architetto» alla qualifica di «pittore», che solitaria fregiava il suo nome nella Torrentiniana (1550), Giorgio Vasari suggellò la propria appartenenza alla schiera dei rappresentanti dell’ars aedificatoria. Dal puntuale confronto tra le due edizioni delle «Vite» emerge il peso dell’architettura nella vita (e nell’uso linguistico) dell’aretino negli anni che seguirono alla princeps (cfr. ANNA SIEKIERA, Note sul lessico delle Vite di Giorgio Vasari fra la Torrentiniana e la Giuntina, in «Studi di Memofonte» 15: 109-119). Gli aggiornamenti attuati dallo scrittore nella rivisitazione della storia degli artisti edita nel 1568 (la cosiddetta Giuntina) riflettono appieno una nuova concezione del lavoro costruttivo maturata nell’esperienza del progettista e dell’edificatore. Lo scrittore presta ora più attenzione ai dettagli architettonici che giudica con l’occhio dell’esecutore della Cappella del Monte a San Pietro in Montorio a Roma, del campanile della fraternita di Santa Maria della Misericordia ad Arezzo, dei cantieri a Palazzo Vecchio e degli Uffizi. E le pagine ricche di disquisizioni metodologiche intorno all’«edificare», che ampliano in modo consistente l’edizione giuntina, concretano l’«industria e il sapere» del corifeo dei grandi progetti fiorentini, e architettonici e urbanistici.

L’ITALIANO DELLE ARTI NELLE DUE EDIZIONI DELLE “VITE” DI GIORGIO VASARI. L’ARCHITETTURA

Anna Siekiera
2019-01-01

Abstract

The language used by Giorgio Vasari in Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, published the first time in the 1550 reflects instead the experience of an artist who expresses himself in the language of colleagues met while working and traveling throughout Italy. The text of the history of representatives of the three arts, in both editions of Vasari’s Lives – that of 1550 called Torrentiniana (after the name of the Florentine publishing house, Lorenzo Torrentino) and that of 1568 referred to as Giuntina (after the name of the Florentine publishing house, Giunti), encompasses a linguistic reality with a well-defined physiognomy which, although firmly grounded in the Tuscan language, also remains permeable to terms used in other regions. And the enrichment of Le vite with architectural terminology is more evident in the 1568 edition, after Vasari had gained practical experience and expertise in architecture.
2019
978-88-7667-766-3
Giorgio Vasari non soltanto istituzionalizzò il lessico della critica, connotando di accezioni tecniche numerosi termini che nelle due edizioni della storia degli artisti, la Torrentiniana e la Giuntina, scandivano i giudizi su opere e operato di artisti, ma illustrò anche la terminologia specialistica delle tre arti del disegno. Fra le parti che inaugurano le «Vite», fin dalla prima edizione i capitoli dedicati all’architettura, alla scultura e alla pittura sono presentati dall’autore come «una introduzzione» necessaria sia per definire le peculiarità di ogni disciplina artistica sia per determinare i concetti di una descrizione squisitamente tecnica. L’articolata «introduzzione» — le cosiddette Teoriche, l’incipit propedeutico di entrambe le edizioni dell’opera — è un trattato tecnico, in cui lo scrittore aretino descrive le pratiche artistiche soffermandosi con dettagliate precisazioni su ogni genere di lavori, ma anche sui materiali grezzi, sui composti sapientemente lavorati (dalla mestica all’imprimitura all’arricciato) e sugli strumenti (come calcagnuoli e gradine, il bulino e molti altri). Spesseggiano nell’«introduzzione» i quadri descrittivi di pietre (dal travertino al porfido alla «pietra nera detta Paragone») e di svariate «azzioni degli artefici»: il «pittor aretino» dà ampio spazio alla sua prima arte (dal «colorire a tempera» al «lavorare in olio» al «lavorare in fresco, differente e vario da tutti gli altri») accompagnata da quelle a lei «congeneri», cioè da «qualunche cosa che da questa dependa»: «il musaico de’ vetri, il commetter le tarsie di colori» e altre. Nel 1568, aggiungendo sul frontespizio della nuova edizione delle «Vite» il titolo di «architetto» alla qualifica di «pittore», che solitaria fregiava il suo nome nella Torrentiniana (1550), Giorgio Vasari suggellò la propria appartenenza alla schiera dei rappresentanti dell’ars aedificatoria. Dal puntuale confronto tra le due edizioni delle «Vite» emerge il peso dell’architettura nella vita (e nell’uso linguistico) dell’aretino negli anni che seguirono alla princeps (cfr. ANNA SIEKIERA, Note sul lessico delle Vite di Giorgio Vasari fra la Torrentiniana e la Giuntina, in «Studi di Memofonte» 15: 109-119). Gli aggiornamenti attuati dallo scrittore nella rivisitazione della storia degli artisti edita nel 1568 (la cosiddetta Giuntina) riflettono appieno una nuova concezione del lavoro costruttivo maturata nell’esperienza del progettista e dell’edificatore. Lo scrittore presta ora più attenzione ai dettagli architettonici che giudica con l’occhio dell’esecutore della Cappella del Monte a San Pietro in Montorio a Roma, del campanile della fraternita di Santa Maria della Misericordia ad Arezzo, dei cantieri a Palazzo Vecchio e degli Uffizi. E le pagine ricche di disquisizioni metodologiche intorno all’«edificare», che ampliano in modo consistente l’edizione giuntina, concretano l’«industria e il sapere» del corifeo dei grandi progetti fiorentini, e architettonici e urbanistici.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11695/79651
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