Oggetto del saggio è il tema del viaggio nello spazio reale e ideale della città dell’Antico attraverso le pratiche di formazione e di specializzazione professionale di architetti e ingegneri tra la metà del Settecento e il primo Novecento. Il caso-studio scelto è il Serapeum di Pozzuoli, la cui la vera identità funzionale fu individuata dopo oltre centocinquant’anni dalla sua fortuita riscoperta (1750). Solo nel 1907, infatti, in uno studio dedicato a Pouzzoles antique, Charles Dubois dimostrò che quell’articolato spazio architettonico di età romana non era stato né un tempio (“Tempio di Serapide”), come spesso era stato descritto nella trattatistica e nella manualistica, né un complesso termale, ma un mercato di generi alimentari e di prodotti artigianali (macellum), strategicamente localizzato nei pressi del vicino emporium, in funzione di uno dei più importanti porti commerciali del Mediterraneo antico. Studiato a fondo da eruditi antiquari come Jacopo Martorelli, Anton Francesco Gori e Ottaviano Guasco e da storici dell’arte e uomini di lettere come Johann Joachim Winckelmann e Johann Wolfgang Goethe, il complesso puteolano fu oggetto specifico di viaggi e di studi da parte di architetti e ingegneri come Jérôme-Charles Bellicard, Augustin-Nicholas Caristie, Antonio Niccolini, François Mazois, Luigi Canina, Jakob Ignaz Hittorff e Charles Garnier, ponendo fin dai primi decenni dell’Ottocento questioni di carattere tettonico e territoriale che coinvolsero direttamente anche medici igienisti, matematici, naturalisti e scienziati della terra, come Charles Babbage, riconosciuto “pioniere” nel campo degli studi sull’automazione, o Charles Lyell, fondatore della moderna geologia. Il Serapeum di Pozzuoli divenne un caso-studio di rilievo internazionale anche attraverso il Royal Institute of British Architects (RIBA), che nel 1835 estese una sorta di appel aux architectes all’attenzione di un pubblico di savants più ampio rispetto ai circoli accademici e agli ambiti professionali di architetti-antiquari e di ingegneri di «ponti e strade». Insita in quell’iniziativa era la piena consapevolezza che solo mantenendo permeabili i rispettivi domini della cultura artistica e delle scienze applicate si sarebbe potuto attingere al “vuoto” funzionale di uno spazio urbano antico, per affrontare i quesiti che l’analitica restituzione critica e iconografica dei suoi resti fisici poneva nella città del presente.
Puteoli e le «tre colonne» del Grand Tour. Il viaggio nella città dell'Antico tra pratiche di formazione professionale e percorsi di contaminazione culturale
Roberto parisi
2017-01-01
Abstract
Oggetto del saggio è il tema del viaggio nello spazio reale e ideale della città dell’Antico attraverso le pratiche di formazione e di specializzazione professionale di architetti e ingegneri tra la metà del Settecento e il primo Novecento. Il caso-studio scelto è il Serapeum di Pozzuoli, la cui la vera identità funzionale fu individuata dopo oltre centocinquant’anni dalla sua fortuita riscoperta (1750). Solo nel 1907, infatti, in uno studio dedicato a Pouzzoles antique, Charles Dubois dimostrò che quell’articolato spazio architettonico di età romana non era stato né un tempio (“Tempio di Serapide”), come spesso era stato descritto nella trattatistica e nella manualistica, né un complesso termale, ma un mercato di generi alimentari e di prodotti artigianali (macellum), strategicamente localizzato nei pressi del vicino emporium, in funzione di uno dei più importanti porti commerciali del Mediterraneo antico. Studiato a fondo da eruditi antiquari come Jacopo Martorelli, Anton Francesco Gori e Ottaviano Guasco e da storici dell’arte e uomini di lettere come Johann Joachim Winckelmann e Johann Wolfgang Goethe, il complesso puteolano fu oggetto specifico di viaggi e di studi da parte di architetti e ingegneri come Jérôme-Charles Bellicard, Augustin-Nicholas Caristie, Antonio Niccolini, François Mazois, Luigi Canina, Jakob Ignaz Hittorff e Charles Garnier, ponendo fin dai primi decenni dell’Ottocento questioni di carattere tettonico e territoriale che coinvolsero direttamente anche medici igienisti, matematici, naturalisti e scienziati della terra, come Charles Babbage, riconosciuto “pioniere” nel campo degli studi sull’automazione, o Charles Lyell, fondatore della moderna geologia. Il Serapeum di Pozzuoli divenne un caso-studio di rilievo internazionale anche attraverso il Royal Institute of British Architects (RIBA), che nel 1835 estese una sorta di appel aux architectes all’attenzione di un pubblico di savants più ampio rispetto ai circoli accademici e agli ambiti professionali di architetti-antiquari e di ingegneri di «ponti e strade». Insita in quell’iniziativa era la piena consapevolezza che solo mantenendo permeabili i rispettivi domini della cultura artistica e delle scienze applicate si sarebbe potuto attingere al “vuoto” funzionale di uno spazio urbano antico, per affrontare i quesiti che l’analitica restituzione critica e iconografica dei suoi resti fisici poneva nella città del presente.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.