La fase relativa all’esecuzione della sanzione penale rappresenta una delle risposte che l’ordinamento utilizza per risolvere le problematiche ontologicamente connesse con il fenomeno reato. L’argomento è attuale e se ne parla sempre più perché se è vero che la pena inizia a produrre i suoi effetti afflittivi dal momento in cui nasce un processo, è anche vero che il momento dell’esecuzione effettiva della pena costituisce l’aspetto più complesso ed il più drammatico del fenomeno punitivo e del rapporto tra giudizio e pena. Storicamente il codice Rocco ha rappresentato una chiara opzione di politica criminale a favore della concezione retributiva della pena nel versante della sua applicazione. La prevalenza di questo aspetto, però, faceva perdere di vista la necessaria pluridimensionalità finalistica della pena anche in relazione ai vari momenti che la interessavano: dalla comminazione alla sua esecuzione. Sotto quest’ultimo versante, in particolare, la pena rappresenta un’opportunità finalizzata al recupero del condannato e, per questo, deve essere vista come lo strumento capace di fargli comprendere il disvalore dei comportamenti antisociali posti in essere in modo da potersi inserire nel tessuto sociale così da aspirare ad una vita diversa. Eppure, la crisi del sistema sanzionatorio, unitamente alla lunghezza dei tempi processuali, ha inciso negativamente su un requisito che deve accompagnare la sanzione lungo tutto il suo percorso: la certezza. Infatti, l’applicazione a distanza di molto tempo dal fatto finisce per rendere la pena inadeguata coinvolgendo, tra l’altro, un soggetto diverso da quello che ha posto in essere il reato. A questi dati deve aggiungersi l’ulteriore circostanza secondo cui l’ampliamento delle soluzioni “sostitutive” ovvero “alternative” alla detenzione determina l’affievolimento di un ulteriore carattere della pena e cioè la sua severità. La concreta espiazione della pena, frazionandosi attraverso percorsi alternativi (o sostitutivi), viene modificata radicalmente in modo tale da disancorarsi da ogni prospettiva di rieducazione costituzionalmente imposta. Si tratta di aspetti che incidono negativamente sull’effettività della pena e, di conseguenza, sulla risposta che l’ordinamento utilizza per contrastare il crimine. Una pena ineffettiva svuota di contenuti anche la funzione del processo penale frustando le aspettative in vista delle quali il legislatore ha inteso sanzionare con la pena determinati comportamenti posti in essere in violazione della legge. Una pena incerta e non effettiva, inoltre, genera, in ogni consociato, una crescente richiesta di sicurezza: anzi, più la sanzione sarà ineffettiva e più essa sarà selettiva dirigendosi soltanto nei confronti dei soggetti più deboli. Viceversa, un sistema sanzionatorio che si regge su pene certe ed effettive mette in crisi chi vuole delinquere e, soprattutto, chi si organizza per farlo.

Pena (profili reali della) e benefici penitenziari

CECANESE, Gianfederico
2005-01-01

Abstract

La fase relativa all’esecuzione della sanzione penale rappresenta una delle risposte che l’ordinamento utilizza per risolvere le problematiche ontologicamente connesse con il fenomeno reato. L’argomento è attuale e se ne parla sempre più perché se è vero che la pena inizia a produrre i suoi effetti afflittivi dal momento in cui nasce un processo, è anche vero che il momento dell’esecuzione effettiva della pena costituisce l’aspetto più complesso ed il più drammatico del fenomeno punitivo e del rapporto tra giudizio e pena. Storicamente il codice Rocco ha rappresentato una chiara opzione di politica criminale a favore della concezione retributiva della pena nel versante della sua applicazione. La prevalenza di questo aspetto, però, faceva perdere di vista la necessaria pluridimensionalità finalistica della pena anche in relazione ai vari momenti che la interessavano: dalla comminazione alla sua esecuzione. Sotto quest’ultimo versante, in particolare, la pena rappresenta un’opportunità finalizzata al recupero del condannato e, per questo, deve essere vista come lo strumento capace di fargli comprendere il disvalore dei comportamenti antisociali posti in essere in modo da potersi inserire nel tessuto sociale così da aspirare ad una vita diversa. Eppure, la crisi del sistema sanzionatorio, unitamente alla lunghezza dei tempi processuali, ha inciso negativamente su un requisito che deve accompagnare la sanzione lungo tutto il suo percorso: la certezza. Infatti, l’applicazione a distanza di molto tempo dal fatto finisce per rendere la pena inadeguata coinvolgendo, tra l’altro, un soggetto diverso da quello che ha posto in essere il reato. A questi dati deve aggiungersi l’ulteriore circostanza secondo cui l’ampliamento delle soluzioni “sostitutive” ovvero “alternative” alla detenzione determina l’affievolimento di un ulteriore carattere della pena e cioè la sua severità. La concreta espiazione della pena, frazionandosi attraverso percorsi alternativi (o sostitutivi), viene modificata radicalmente in modo tale da disancorarsi da ogni prospettiva di rieducazione costituzionalmente imposta. Si tratta di aspetti che incidono negativamente sull’effettività della pena e, di conseguenza, sulla risposta che l’ordinamento utilizza per contrastare il crimine. Una pena ineffettiva svuota di contenuti anche la funzione del processo penale frustando le aspettative in vista delle quali il legislatore ha inteso sanzionare con la pena determinati comportamenti posti in essere in violazione della legge. Una pena incerta e non effettiva, inoltre, genera, in ogni consociato, una crescente richiesta di sicurezza: anzi, più la sanzione sarà ineffettiva e più essa sarà selettiva dirigendosi soltanto nei confronti dei soggetti più deboli. Viceversa, un sistema sanzionatorio che si regge su pene certe ed effettive mette in crisi chi vuole delinquere e, soprattutto, chi si organizza per farlo.
2005
88-02-07-111-X
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11695/52973
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