Con i saggi pubblicati in questo volume si propone un’analisi filosofica ed epistemologica dell’azione; un'indagine che, seguendo percorsi diversi, intende evidenziare quelle differenti dimensioni del comportamento umano che devono trovare la giusta tematizzazione in una teoria della razionalità che abbia una reale portata esplicativa. Nel suo articolo, Raymond Boudon ricostruisce il suo dialogo intellettuale con James Coleman e la loro parallela evoluzione scientifica: dalla forte influenza esercitata su di loro da Paul Lazarsfeld, e dai suoi modelli di indagine empirica nella scienze sociali, al loro progressivo approdo ad una metodologia individualistica incentrata su una teoria della razionalità. Boudon evidenzia come l’adesione di Coleman alla teoria della scelta razionale fosse dettata dal tentativo di proporre una rifondazione su base scientifica e individualistica delle scienze sociali. E tuttavia Boudon evidenzia anche un elemento tutt’altro che secondario che lo distingue da Coleman, e sul quale ha ripetutamente insistito in questi ultimi anni: la non universalità della teoria della scelta razionale, che per il sociologo francese va considerato solo come una componente di limitata applicazione di una più complessa e modulata metodologia individualistica che può aspirare ad essere un paradigma universale per le scienze sociali. Karl-Dieter Opp si sofferma sulla teoria della scelta razionale, che rappresenta uno dei più consolidati strumenti teorici per l'indagine dei fenomeni sociali. Egli esamina comparativamente le due più diffuse versioni (la versione ristretta e quella estesa) del Rational Choice Model, le quali si differenziano rispetto al grado di estensione delle tipologie di preferenze e vincoli situazionali presi in considerazione per spiegare l'azione. Opp indaga le potenzialità esplicative e le obiezioni che sono state mosse a tali versioni, per poi proporre una integrazione tra i due schemi teorici che sia in grado di fornire una adeguata spiegazione anche a quei fenomeni (come ad esempio il salvataggio degli Ebrei durante la seconda guerra mondiale) che per la cui spiegazione le due versioni della teoria della scelta razionale sembrano inadeguate. Pierre Demeulenaere, dal canto suo, affronta il problema della giustificazione dell’idea di razionalità, per cercare di capire quand’è che una azione può essere considerata razionale. Egli indaga quindi quella dimensione eminentemente normativa che è connaturata alle azioni, la cui indagine è fondamentale per spiegare le “ragioni” degli attori. Evitando da una lato di far riferimento a insiemi di valori culturali arbitrari, e dall’altro di far coincidere ragioni ed interessi, come accade nel modello della scelta razionale, per Demeulenaere la nozione di ragioni è l’indice di una razionalità che si basa su alcuni tratti invarianti dell’azione umana, i quali consentono di descrivere sia le soluzioni oggettive tentate dagli attori, sia lo scarto che fanno registrare rispetto a queste ultime i risultati effettivamente conseguiti. Enzo Di Nuoscio, dal canto suo, stabilisce un legame diretto tra la razionalità e la spiegazione nomologico-causale dell'azione. Dopo aver individuato alcune contraddizione insite nel tentativo popperiano di attribuire uno statuto epistemologico al principio di razionalità, egli evidenzia come la razionalità soggettiva, intesa come categoria analitica dell'azione umana, sia un indispensabile ed utilissimo a priori per la costruzione di teorie situazionali (per la spiegazione dell'azione) dotate di un buon grado di contenuto empirico. Di Nuoscio evidenzia, inoltre, come l'utilizzo del modello nomologico-causale per la spiegazione dell'azione umana non sia affatto immune da punti deboli, rappresentati da un lato dalla difficoltà di ricostruire in modo sufficientemente adeguato le situazioni problematiche, che sono sistemi ad elevato grado di apertura, e dall'altro dalla natura delle leggi utilizzate dagli attori per agire e dai ricercatori per spiegare l'azione, le quali, essendo generalizzazioni empiriche, non riescono a proibire fatti contrari.

Filosofia dell'azione e teorie della razionalità

DI NUOSCIO, Vincenzo;
2004-01-01

Abstract

Con i saggi pubblicati in questo volume si propone un’analisi filosofica ed epistemologica dell’azione; un'indagine che, seguendo percorsi diversi, intende evidenziare quelle differenti dimensioni del comportamento umano che devono trovare la giusta tematizzazione in una teoria della razionalità che abbia una reale portata esplicativa. Nel suo articolo, Raymond Boudon ricostruisce il suo dialogo intellettuale con James Coleman e la loro parallela evoluzione scientifica: dalla forte influenza esercitata su di loro da Paul Lazarsfeld, e dai suoi modelli di indagine empirica nella scienze sociali, al loro progressivo approdo ad una metodologia individualistica incentrata su una teoria della razionalità. Boudon evidenzia come l’adesione di Coleman alla teoria della scelta razionale fosse dettata dal tentativo di proporre una rifondazione su base scientifica e individualistica delle scienze sociali. E tuttavia Boudon evidenzia anche un elemento tutt’altro che secondario che lo distingue da Coleman, e sul quale ha ripetutamente insistito in questi ultimi anni: la non universalità della teoria della scelta razionale, che per il sociologo francese va considerato solo come una componente di limitata applicazione di una più complessa e modulata metodologia individualistica che può aspirare ad essere un paradigma universale per le scienze sociali. Karl-Dieter Opp si sofferma sulla teoria della scelta razionale, che rappresenta uno dei più consolidati strumenti teorici per l'indagine dei fenomeni sociali. Egli esamina comparativamente le due più diffuse versioni (la versione ristretta e quella estesa) del Rational Choice Model, le quali si differenziano rispetto al grado di estensione delle tipologie di preferenze e vincoli situazionali presi in considerazione per spiegare l'azione. Opp indaga le potenzialità esplicative e le obiezioni che sono state mosse a tali versioni, per poi proporre una integrazione tra i due schemi teorici che sia in grado di fornire una adeguata spiegazione anche a quei fenomeni (come ad esempio il salvataggio degli Ebrei durante la seconda guerra mondiale) che per la cui spiegazione le due versioni della teoria della scelta razionale sembrano inadeguate. Pierre Demeulenaere, dal canto suo, affronta il problema della giustificazione dell’idea di razionalità, per cercare di capire quand’è che una azione può essere considerata razionale. Egli indaga quindi quella dimensione eminentemente normativa che è connaturata alle azioni, la cui indagine è fondamentale per spiegare le “ragioni” degli attori. Evitando da una lato di far riferimento a insiemi di valori culturali arbitrari, e dall’altro di far coincidere ragioni ed interessi, come accade nel modello della scelta razionale, per Demeulenaere la nozione di ragioni è l’indice di una razionalità che si basa su alcuni tratti invarianti dell’azione umana, i quali consentono di descrivere sia le soluzioni oggettive tentate dagli attori, sia lo scarto che fanno registrare rispetto a queste ultime i risultati effettivamente conseguiti. Enzo Di Nuoscio, dal canto suo, stabilisce un legame diretto tra la razionalità e la spiegazione nomologico-causale dell'azione. Dopo aver individuato alcune contraddizione insite nel tentativo popperiano di attribuire uno statuto epistemologico al principio di razionalità, egli evidenzia come la razionalità soggettiva, intesa come categoria analitica dell'azione umana, sia un indispensabile ed utilissimo a priori per la costruzione di teorie situazionali (per la spiegazione dell'azione) dotate di un buon grado di contenuto empirico. Di Nuoscio evidenzia, inoltre, come l'utilizzo del modello nomologico-causale per la spiegazione dell'azione umana non sia affatto immune da punti deboli, rappresentati da un lato dalla difficoltà di ricostruire in modo sufficientemente adeguato le situazioni problematiche, che sono sistemi ad elevato grado di apertura, e dall'altro dalla natura delle leggi utilizzate dagli attori per agire e dai ricercatori per spiegare l'azione, le quali, essendo generalizzazioni empiriche, non riescono a proibire fatti contrari.
2004
8888877509
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11695/19672
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