In un recente volumetto dedicato ai modi di dire, Lucilla Pizzoli (2020) ha ripreso le indagini condotte da Lurati (2002, 162-164) e Serianni (2010, 84-88) sui contesti d’uso di alcune locuzioni idiomatiche, confermandone i risultati: esse ricorrono con maggiore frequenza nella stampa rispetto alla letteratura e, addirittura, rispetto ai dialoghi quotidiani. Questi risultati non sono scontati, soprattutto perché i modi di dire si prestano a una notevole varietà d’uso, attraversando con disinvoltura fenomeni di variazione riguardanti principalmente, ma non solo, la diamesìa e la diafasìa. Si veda, per esempio, la traiettoria del modo di dire Galeotto fu il libro, che nasce da Dante, ispirato dai raffinati romanzi d’arme francesi, e confluisce nella lingua d’uso, arricchendo talvolta in maniera gustosa il fenomeno noto come “Dante pop”. Fino al 1990 circa, infatti, la locuzione è attestata quasi sempre in riferimento a Dante; dopo questa data, invece, inizia a diffondersi sempre più insistentemente un suo particolare uso, che però ha origini ben più antiche (la si ritrova, infatti, già nel 1850 all’interno dell’opera Il Gesuita moderno di Vincenzo Gioberti): si creano delle varianti del modo di dire usandone la prima parte, galeotto fu, e modificandone la seconda. Abbiamo così, limitandoci a un campione: «Galeotto fu il cappotto» (Croce Zimbone, CUECM, 1991); «Galeotto fu il bagno» (Bruno Vespa, La svolta. Il pendolo del potere da destra a sinistra, RAI-ERI, 1996, p. 6); «Galeotto fu il collier» (Andrea Vitali, Garzanti, 2013); «Galeotto fu il bassotto» (Renée Conte, StreetLib, 2020). Arrivando al singolo di Renato Zero intitolato «Galeotto fu il canotto», pubblicato il 4 agosto del 1981 (Montinaro 2021). Partendo dagli articoli scritti dal proponente per la rubrica Per modo di dire. Un anno di frasi fatte, curata per il magazine “Lingua italiana” (Treccani.it) da Alessandro Aresti, Debora de Fazio, Antonio Montinaro, Rocco Luigi Nichil, Rosa Piro e Lucilla Pizzoli, la comunicazione mira a individuare, categorizzandole, le varietà d’uso dei modi di dire contemporanei, indagate innanzitutto sull’asse diamesico e diafasico.

“Galeotto fu... il canotto”. Sulle varietà d’uso dei modi di dire

Antonio Montinaro
2024-01-01

Abstract

In un recente volumetto dedicato ai modi di dire, Lucilla Pizzoli (2020) ha ripreso le indagini condotte da Lurati (2002, 162-164) e Serianni (2010, 84-88) sui contesti d’uso di alcune locuzioni idiomatiche, confermandone i risultati: esse ricorrono con maggiore frequenza nella stampa rispetto alla letteratura e, addirittura, rispetto ai dialoghi quotidiani. Questi risultati non sono scontati, soprattutto perché i modi di dire si prestano a una notevole varietà d’uso, attraversando con disinvoltura fenomeni di variazione riguardanti principalmente, ma non solo, la diamesìa e la diafasìa. Si veda, per esempio, la traiettoria del modo di dire Galeotto fu il libro, che nasce da Dante, ispirato dai raffinati romanzi d’arme francesi, e confluisce nella lingua d’uso, arricchendo talvolta in maniera gustosa il fenomeno noto come “Dante pop”. Fino al 1990 circa, infatti, la locuzione è attestata quasi sempre in riferimento a Dante; dopo questa data, invece, inizia a diffondersi sempre più insistentemente un suo particolare uso, che però ha origini ben più antiche (la si ritrova, infatti, già nel 1850 all’interno dell’opera Il Gesuita moderno di Vincenzo Gioberti): si creano delle varianti del modo di dire usandone la prima parte, galeotto fu, e modificandone la seconda. Abbiamo così, limitandoci a un campione: «Galeotto fu il cappotto» (Croce Zimbone, CUECM, 1991); «Galeotto fu il bagno» (Bruno Vespa, La svolta. Il pendolo del potere da destra a sinistra, RAI-ERI, 1996, p. 6); «Galeotto fu il collier» (Andrea Vitali, Garzanti, 2013); «Galeotto fu il bassotto» (Renée Conte, StreetLib, 2020). Arrivando al singolo di Renato Zero intitolato «Galeotto fu il canotto», pubblicato il 4 agosto del 1981 (Montinaro 2021). Partendo dagli articoli scritti dal proponente per la rubrica Per modo di dire. Un anno di frasi fatte, curata per il magazine “Lingua italiana” (Treccani.it) da Alessandro Aresti, Debora de Fazio, Antonio Montinaro, Rocco Luigi Nichil, Rosa Piro e Lucilla Pizzoli, la comunicazione mira a individuare, categorizzandole, le varietà d’uso dei modi di dire contemporanei, indagate innanzitutto sull’asse diamesico e diafasico.
2024
979-12-5496-143-8
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