Il saggio evidenzia le analogie tra le visioni metafisiche di Giorgio de Chirico, tra le sue piazze e i suoi manichini e il sentimento di spaesamento generato dal lockdown dovuto alla pandemia COVID-19. Lo sconvolgimento delle certezze percettive, il crollo dei confini tra realtà interiore e realtà esterna, le città vuote, l’inquietudine celata nelle strade e nella vita quotidiana, la separazione a distanza dei corpi in una dimensione in cui l’essere umano sembra avvicinarsi alla sua parafrasi artificiale sono temi che collegano direttamente l’opera di de Chirico ad alcune grandi questioni psicologiche, sociali e politiche indotte dalla pandemia. Nelle settimane della quarantena il legame tra le città deserte e le piazze d’Italia di de Chirico è stato molto evidente e sottolineato: le immagini provenienti da tutto il pianeta ci hanno mostrato spazi urbani che, nella loro spettrale desolazione, evocavano inevitabilmente le sue famose opere metafisiche, in una sorta di prefigurazione che conferma la capacità profetica della sua pittura. Un altro tema importante è quello del senso di disagio e di difficoltà legato alla perdurante all'impossibilità di scambiarsi un abbraccio o un minimo contatto fisico nel distanziamento obbligato dal virus, qualcosa di simile a quello che Giorgio de Chirico ha espresso nel suo famoso quadro "Ettore e Andromaca" del 1917, drammatica parafrasi artificiale dei corpi dei due sposi che non possono abbracciarsi, macchine celibi che desiderano un congiungimento impossibile. Nei giorni della pandemia forse è stata questa la premonizione più forte della pittura di de Chirico: l’impossibilità di un contatto e di un abbraccio, come è successo a milioni di persone a causa del virus e del suo necessario distanziamento sociale.

Le piazze inquietanti

Lorenzo Canova
2020-01-01

Abstract

Il saggio evidenzia le analogie tra le visioni metafisiche di Giorgio de Chirico, tra le sue piazze e i suoi manichini e il sentimento di spaesamento generato dal lockdown dovuto alla pandemia COVID-19. Lo sconvolgimento delle certezze percettive, il crollo dei confini tra realtà interiore e realtà esterna, le città vuote, l’inquietudine celata nelle strade e nella vita quotidiana, la separazione a distanza dei corpi in una dimensione in cui l’essere umano sembra avvicinarsi alla sua parafrasi artificiale sono temi che collegano direttamente l’opera di de Chirico ad alcune grandi questioni psicologiche, sociali e politiche indotte dalla pandemia. Nelle settimane della quarantena il legame tra le città deserte e le piazze d’Italia di de Chirico è stato molto evidente e sottolineato: le immagini provenienti da tutto il pianeta ci hanno mostrato spazi urbani che, nella loro spettrale desolazione, evocavano inevitabilmente le sue famose opere metafisiche, in una sorta di prefigurazione che conferma la capacità profetica della sua pittura. Un altro tema importante è quello del senso di disagio e di difficoltà legato alla perdurante all'impossibilità di scambiarsi un abbraccio o un minimo contatto fisico nel distanziamento obbligato dal virus, qualcosa di simile a quello che Giorgio de Chirico ha espresso nel suo famoso quadro "Ettore e Andromaca" del 1917, drammatica parafrasi artificiale dei corpi dei due sposi che non possono abbracciarsi, macchine celibi che desiderano un congiungimento impossibile. Nei giorni della pandemia forse è stata questa la premonizione più forte della pittura di de Chirico: l’impossibilità di un contatto e di un abbraccio, come è successo a milioni di persone a causa del virus e del suo necessario distanziamento sociale.
2020
978-88-9391-846-6
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