What is a nation? What is the main drive of a national state? Over the last two hundred years, millions of people have died but most of all have died for the name of their country. What has allowed this? And today, what position does nationalism have within the European Union? From the various answers on this subject, one of note is elaborated by the American historian, Benedict Anderson. In his most famous book “Imagined Communities: Reflections on the Origin and Spread of Nationalism”, Anderson investigates deeply one’s feelings regarding national belonging, their culture, their roots and their diffusion in different cultural settings, revealing the roots of nationalism and the actual national structure, not in their political and parliamentary practice, but more so within the shared practices of inhabitants and their communities. Therefore, similar to an anthropologist, he develops a revolutionary vision in his description: the renewal is in viewing the nation as a cultural product; that is an artificial construction. He proposes a new definition of the nation: “a political imagined community” and imagined as sovereign and limited. It is imagined in such that the inhabitants of the most smallest nation will never know all their compatriots, however each person feels part of a community; a nation is limited because it is seen surrounded by borders, beyond these limits there are other nations; sovereign for the fact that the idea of a nation is inspired by Enlightenment ideas of independence and liberty; finally, it is a community because it is lived within an affectionate environment, despite differences, inequalities and exploitation. On the last ten years Benedict Anderson has had a great influence within the study of individual relationships, societies and national organization. Following the birth of European Union , combined with globalization and the union of the European market, the national identities has gone into crisis. Considering the all above points, my research intends to develop a reflection on the national identity in the contemporary societies, evaluating the theoretical elements in general, and also the actual political and cultural debate within the European Union.

«Devo essere l'unico a scrivere sul nazionalismo che non la pensa male… Penso davvero che il nazionalismo possa essere attraente. Mi piacciono i suoi elementi utopici». A pronunciare queste parole è stato un marxista “anomalo”, uno tra gli storici più autorevoli nel mondo della scienza politica e negli studi accademici sul nazionalismo: Benedict Anderson, meritevole di aver coniato il concetto di nazioni come "comunità immaginate” nel libro omonimo Comunità immaginate. Origini e fortuna dei nazionalismi (1983). La capacità di questo autore cosmopolita è stata l’aver indagato i meccanismi “segreti" del sentimento nazionale, quelli su cui nessuno studioso si era soffermato attentamente prima. Egli infatti, fornendo un contributo fondamentale alla ricerca sul nazionalismo moderno, è riuscito ad esplorare la "microfisica" del sentimento di appartenenza nazionale, i suoi linguaggi, la sua genesi e la sua diffusione in ambiti culturali anche diversissimi tra loro, individuando le radici del nazionalismo e delle attuali strutture nazionali non tanto nella teoria e nella prassi politica e parlamentare, quanto negli atteggiamenti e nelle pratiche condivise dagli abitanti di tale comunità. Vestendo i panni dell’antropologo, lo storico anglo-irlandese è riuscito a sviluppare una visione rivoluzionaria della questione: il rinnovamento stava nel vedere la nazione come un puro prodotto culturale, vale a dire come il frutto di una costruzione artificiosa, funzionale a precise esigenze politiche ed economiche. Il nazionalismo, pertanto, non deve essere considerato né una patologia né un’ideologia della storia moderna: Anderson lo analizzò come fenomeno paragonabile non al fascismo o al liberismo ma alle categorie antropologiche della religione e della parentela, cioè a quei complessi sistemi di credenze che danno un’impronta sostanziale alle azioni della vita quotidiana. Da qui, propose una definizione illuminante di Nazione: è una comunità politica immaginata e peraltro diversa da altre comunità immaginate che l’hanno preceduta – la comunità religiosa e lo stato dinastico. In particolare, è immaginata come intrinsecamente limitata e insieme sovrana: immaginata, in quanto gli abitanti della più piccola nazione non conosceranno mai la maggior parte dei loro compatrioti, eppure nella mente di ognuno vive l’immagine del loro essere comunità; limitata, perché è sempre immaginata con dei confini, al di là dei quali vi sono altre nazioni; sovrana, in quanto l’idea di nazione porta in sé gli ideali illuministi della autonomia e della libertà; infine è comunità poiché, malgrado le disuguaglianze e gli sfruttamenti che avvengono al suo interno, viene vissuta sempre in un clima affettivo informato da un "profondo e orizzontale cameratismo”. L’impostazione dello storico risulta stimolante di fronte ai problemi attuali e contribuisce ad un esito preciso, ovvero quello di spiazzare, scuotere l'orgogliosa sicurezza con cui spesso ingenuamente si discute di stato nazionale e di nazionalismo. Recuperando la connotazione più neutrale di questi termini, Anderson non solo mette in guardia dal consegnare il fenomeno nazionale alla pattumiera della storia, ma aiuta a comprendere la ragione d’esistere della nazione stessa. Gli studi da lui portati avanti rappresentano così uno spunto per tentare di rispondere ad un interrogativo finale: può un modello istituzionale come l’Unione Europea trovare una strada per creare un sentimento di appartenenza tra i suoi abitanti?

Gli studi sul nazionalismo di Benedict Anderson e la natura dell'Unione Europea

QUARANTA, Laura
2019-04-30

Abstract

What is a nation? What is the main drive of a national state? Over the last two hundred years, millions of people have died but most of all have died for the name of their country. What has allowed this? And today, what position does nationalism have within the European Union? From the various answers on this subject, one of note is elaborated by the American historian, Benedict Anderson. In his most famous book “Imagined Communities: Reflections on the Origin and Spread of Nationalism”, Anderson investigates deeply one’s feelings regarding national belonging, their culture, their roots and their diffusion in different cultural settings, revealing the roots of nationalism and the actual national structure, not in their political and parliamentary practice, but more so within the shared practices of inhabitants and their communities. Therefore, similar to an anthropologist, he develops a revolutionary vision in his description: the renewal is in viewing the nation as a cultural product; that is an artificial construction. He proposes a new definition of the nation: “a political imagined community” and imagined as sovereign and limited. It is imagined in such that the inhabitants of the most smallest nation will never know all their compatriots, however each person feels part of a community; a nation is limited because it is seen surrounded by borders, beyond these limits there are other nations; sovereign for the fact that the idea of a nation is inspired by Enlightenment ideas of independence and liberty; finally, it is a community because it is lived within an affectionate environment, despite differences, inequalities and exploitation. On the last ten years Benedict Anderson has had a great influence within the study of individual relationships, societies and national organization. Following the birth of European Union , combined with globalization and the union of the European market, the national identities has gone into crisis. Considering the all above points, my research intends to develop a reflection on the national identity in the contemporary societies, evaluating the theoretical elements in general, and also the actual political and cultural debate within the European Union.
Benedict Anderson's studies on nationalism and the nature of the European Union
30-apr-2019
«Devo essere l'unico a scrivere sul nazionalismo che non la pensa male… Penso davvero che il nazionalismo possa essere attraente. Mi piacciono i suoi elementi utopici». A pronunciare queste parole è stato un marxista “anomalo”, uno tra gli storici più autorevoli nel mondo della scienza politica e negli studi accademici sul nazionalismo: Benedict Anderson, meritevole di aver coniato il concetto di nazioni come "comunità immaginate” nel libro omonimo Comunità immaginate. Origini e fortuna dei nazionalismi (1983). La capacità di questo autore cosmopolita è stata l’aver indagato i meccanismi “segreti" del sentimento nazionale, quelli su cui nessuno studioso si era soffermato attentamente prima. Egli infatti, fornendo un contributo fondamentale alla ricerca sul nazionalismo moderno, è riuscito ad esplorare la "microfisica" del sentimento di appartenenza nazionale, i suoi linguaggi, la sua genesi e la sua diffusione in ambiti culturali anche diversissimi tra loro, individuando le radici del nazionalismo e delle attuali strutture nazionali non tanto nella teoria e nella prassi politica e parlamentare, quanto negli atteggiamenti e nelle pratiche condivise dagli abitanti di tale comunità. Vestendo i panni dell’antropologo, lo storico anglo-irlandese è riuscito a sviluppare una visione rivoluzionaria della questione: il rinnovamento stava nel vedere la nazione come un puro prodotto culturale, vale a dire come il frutto di una costruzione artificiosa, funzionale a precise esigenze politiche ed economiche. Il nazionalismo, pertanto, non deve essere considerato né una patologia né un’ideologia della storia moderna: Anderson lo analizzò come fenomeno paragonabile non al fascismo o al liberismo ma alle categorie antropologiche della religione e della parentela, cioè a quei complessi sistemi di credenze che danno un’impronta sostanziale alle azioni della vita quotidiana. Da qui, propose una definizione illuminante di Nazione: è una comunità politica immaginata e peraltro diversa da altre comunità immaginate che l’hanno preceduta – la comunità religiosa e lo stato dinastico. In particolare, è immaginata come intrinsecamente limitata e insieme sovrana: immaginata, in quanto gli abitanti della più piccola nazione non conosceranno mai la maggior parte dei loro compatrioti, eppure nella mente di ognuno vive l’immagine del loro essere comunità; limitata, perché è sempre immaginata con dei confini, al di là dei quali vi sono altre nazioni; sovrana, in quanto l’idea di nazione porta in sé gli ideali illuministi della autonomia e della libertà; infine è comunità poiché, malgrado le disuguaglianze e gli sfruttamenti che avvengono al suo interno, viene vissuta sempre in un clima affettivo informato da un "profondo e orizzontale cameratismo”. L’impostazione dello storico risulta stimolante di fronte ai problemi attuali e contribuisce ad un esito preciso, ovvero quello di spiazzare, scuotere l'orgogliosa sicurezza con cui spesso ingenuamente si discute di stato nazionale e di nazionalismo. Recuperando la connotazione più neutrale di questi termini, Anderson non solo mette in guardia dal consegnare il fenomeno nazionale alla pattumiera della storia, ma aiuta a comprendere la ragione d’esistere della nazione stessa. Gli studi da lui portati avanti rappresentano così uno spunto per tentare di rispondere ad un interrogativo finale: può un modello istituzionale come l’Unione Europea trovare una strada per creare un sentimento di appartenenza tra i suoi abitanti?
Nazionalismo; Stato nazionale; Europa; Crisi; Identità nazionale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11695/91211
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