Il contributo prova a far luce su come i monasteri femminili abbiano promosso, parallelamente ai più noti processi di sovraffollamento edilizio di una città come Napoli già di per sé caotica, anche un processo di tutela del territorio mettendolo al riparo da ulteriori forme di aggressività edilizia, corredando il sito in cui si ergevano di quei valori aggiunti rappresentati da un più alto livello di qualità ambientale. Per conformarsi alle norme sulla clausura che imponevano loro di isolarsi e celarsi agli sguardi esterni, ma anche per guadagnare maggiori spazi di luce e una migliore ventilazione dei locali, i monasteri, specie quelli ubicati nelle zone più densamente popolate della città, si dotarono di giardini e orti, esercitando un forte controllo sul territorio circostante. I loro interessi particolari e il richiamo al rispetto di regole, che garantissero il silenzio e la meditazione all’interno dei chiostri, incisero così non poco sulla qualità di quei beni, come l’aria, l’acqua e il verde, che possono definirsi “beni comuni locali” o “beni di comunità”, beni cioè appartenenti alla comunità e in quanto tali funzionali allo svolgimento complessivo della vita sociale urbana.

Monasteri e paesaggio urbano. Una prospettiva ‘ambientalista’ per la storia del monachesimo femminile.

Novi Chavarria Elisa
2018-01-01

Abstract

Il contributo prova a far luce su come i monasteri femminili abbiano promosso, parallelamente ai più noti processi di sovraffollamento edilizio di una città come Napoli già di per sé caotica, anche un processo di tutela del territorio mettendolo al riparo da ulteriori forme di aggressività edilizia, corredando il sito in cui si ergevano di quei valori aggiunti rappresentati da un più alto livello di qualità ambientale. Per conformarsi alle norme sulla clausura che imponevano loro di isolarsi e celarsi agli sguardi esterni, ma anche per guadagnare maggiori spazi di luce e una migliore ventilazione dei locali, i monasteri, specie quelli ubicati nelle zone più densamente popolate della città, si dotarono di giardini e orti, esercitando un forte controllo sul territorio circostante. I loro interessi particolari e il richiamo al rispetto di regole, che garantissero il silenzio e la meditazione all’interno dei chiostri, incisero così non poco sulla qualità di quei beni, come l’aria, l’acqua e il verde, che possono definirsi “beni comuni locali” o “beni di comunità”, beni cioè appartenenti alla comunità e in quanto tali funzionali allo svolgimento complessivo della vita sociale urbana.
2018
978-88-9359-025-9
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