Introduzione: L'impianto di condrociti autologhi su membrana (MACI) è una tecnica di ingegneria tissutale per il trattamento delle lesioni cartilaginee articolari a tutto spessore. Riportiamo la tecnica artroscopica per il trattamento delle lesioni del piatto tibiale laterale. Materiale e metodi: Prima di eseguire l’intervento per via artroscopica, è stato condotto uno studio strutturale ed ultrastrutturale su membrane sottoposte ad una simulazione artroscopica in modo da valutare le eventuali modificazioni dell’impianto: numero e vitalità delle cellule, deformazione dello scaffold. I campioni sono stati ottenuti al termine di 10 procedure artrotomiche d’impianto dalle porzioni di membrana inutilizzata. Quindi sono stati suddivisi in 2 gruppi: controllo e simulazione artroscopica. Il secondo è stato inserito in un simulatore e sottoposto per 8 minuti a irrigazione con soluzione fisiologica. Entrambi i gruppi sono stati quindi analizzati con tecniche di microscopia luce, microscopia elettronica a scansione e trasmissione. La tecnica è stata utilizzata in 2 pazienti di sesso maschile affetti da lesioni cartilaginee traumatiche a tutto spessore delle dimensioni rispettive di 2.5 e 2 cm2. Gli interventi sono stati eseguiti con arto in ischemia temporanea, utilizzando i tradizionali portali artroscopici: anteromediale per l’ottica a 30° ed anterolaterale per gli strumenti inseriti in articolazione attraverso una cannula da 7.0 mm. Dopo il debridement della lesione, mediante curettes e shaver, l’emostasi dell’osso subcondrale è stata ottenuta utilizzando un elettrodo da acromionplastica. Il difetto cartilagineo è stato misurato con un centimetro artroscopico e la forma della lesione è stata quindi riprodotta sulla membrana. Una volta ritagliata, quest’ultima è stata arrotolata su se stessa, introdotta in articolazione utilizzando una pinza atraumatica e posizionata al di sopra del difetto. L’irrigazione endoarticolare è stata temporaneamente sospesa e la colla di fibrina è stata iniettata attraverso un ago di Tuohy (17 G) preventivamente posizionato al di sotto del terzo medio del menisco laterale. Una graduale pressione sulla membrana è stata applicata inizialmente con il palpatore e successivamente esercitando uno stress in valgo per meglio adattarla al difetto. In presenza di soluzione salina, stabilità e tenuta dell’impianto sono stati valutati con movimenti in flesso-estensione del ginocchio. Nel periodo postoperatorio, l’articolazione è stata immobilizzata con un bendaggio compressivo per 24 ore. Esercizi di potenziamento isometrico e CPM sono iniziati dal secondo giorno con un ROM di 0°-30°, incrementato quotidianamente di 5°. Un carico parziale è stato concesso a 40 giorni, completo a 10 settimane dall’intervento. Nuoto e cyclette sono stati proposti dal quinto mese, mentre attività fisiche con impatti ripetitivi (calcio, basket, ecc.) dall’undicesimo. Per la valutazione clinico-funzionale sono state utilizzate le seguenti scale: ICRS, Cincinnati modificata, IKDC, Lysholm II e la Tegner. A 6 e 12 mesi dall'intervento è stata eseguita una valutazione RM, associando una Artro–RM a 24 mesi. Risultati: Le caratteristiche strutturali ed ultrastrutturali dei campioni sottoposti a simulazione artroscopica erano sovrapponibili al gruppo di controllo per numero e forma delle cellule. Non sono stati registrati segni di degenerazione cellulare. Al contrario l’analisi dello scaffold ha dimostrato un aumento, in media di circa il 10 %, delle dimensioni degli spazi del network nel gruppo trattato. Non sono state riscontrate complicazioni nel periodo postoperatorio. Ad un follow-up minimo di 2 anni dall'impianto si è registrato un incremento nei punteggi delle schede di valutazione in entrambi i pazienti. La RM ha evidenziato la presenza di tessuto cartilagineo simil-ialino nei difetti trattati. Si è osservato inoltre una buona integrazione dell'impianto con la cartilagine circostante e la riduzione dell'edema nell'osso subcondrale rispetto ai controlli preoperatori. Conclusioni: Il MACI è una tecnica di regola eseguita per via artrotomica ma la sede delle lesioni descritte non poteva essere raggiunta senza sacrificare strutture tendinee e legamentose del ginocchio. L'approccio artroscopico non ha alterato le caratteristiche strutturali dell’impianto ed inoltre ha consentito un'ottima visione delle lesioni. Le dimensioni dei difetti erano tali da non garantire un buon risultato se trattati con tecniche di stimolazione midollare o trapianti osteocondrali. Lo sviluppo di uno strumentario dedicato semplificherà e migliorerà la tecnica artroscopica MACI. Bibliografia: Brittberg M, Peterson L, Sjogren-Jansson E, Tallheden T et al. Articular cartilage engineering with autologous chondrocyte transplantation. A review of recent developments. J Bone Joint Surg Am. 2003; 85-A Suppl 3:109-15. Cherubino P, Grassi F A, Bulgheroni P, Ronga M. Autologous chondrocyte implantation using a collagen membrane. Preliminary report. J Orthopaed Surg 2003; 11(1): 10-15. Ronga M, Grassi FA, Bulgheroni P. Arthroscopic autologous chondrocyte implantation for the treatment of a chondral defect in the tibial plateau of the knee. Arthroscopy 2004; 20(1): 79-84.

Impianto di condrociti autologhi per via artroscopica nelle lesioni cartilaginee del piatto tibiale

RONGA, MARIO;
2004-01-01

Abstract

Introduzione: L'impianto di condrociti autologhi su membrana (MACI) è una tecnica di ingegneria tissutale per il trattamento delle lesioni cartilaginee articolari a tutto spessore. Riportiamo la tecnica artroscopica per il trattamento delle lesioni del piatto tibiale laterale. Materiale e metodi: Prima di eseguire l’intervento per via artroscopica, è stato condotto uno studio strutturale ed ultrastrutturale su membrane sottoposte ad una simulazione artroscopica in modo da valutare le eventuali modificazioni dell’impianto: numero e vitalità delle cellule, deformazione dello scaffold. I campioni sono stati ottenuti al termine di 10 procedure artrotomiche d’impianto dalle porzioni di membrana inutilizzata. Quindi sono stati suddivisi in 2 gruppi: controllo e simulazione artroscopica. Il secondo è stato inserito in un simulatore e sottoposto per 8 minuti a irrigazione con soluzione fisiologica. Entrambi i gruppi sono stati quindi analizzati con tecniche di microscopia luce, microscopia elettronica a scansione e trasmissione. La tecnica è stata utilizzata in 2 pazienti di sesso maschile affetti da lesioni cartilaginee traumatiche a tutto spessore delle dimensioni rispettive di 2.5 e 2 cm2. Gli interventi sono stati eseguiti con arto in ischemia temporanea, utilizzando i tradizionali portali artroscopici: anteromediale per l’ottica a 30° ed anterolaterale per gli strumenti inseriti in articolazione attraverso una cannula da 7.0 mm. Dopo il debridement della lesione, mediante curettes e shaver, l’emostasi dell’osso subcondrale è stata ottenuta utilizzando un elettrodo da acromionplastica. Il difetto cartilagineo è stato misurato con un centimetro artroscopico e la forma della lesione è stata quindi riprodotta sulla membrana. Una volta ritagliata, quest’ultima è stata arrotolata su se stessa, introdotta in articolazione utilizzando una pinza atraumatica e posizionata al di sopra del difetto. L’irrigazione endoarticolare è stata temporaneamente sospesa e la colla di fibrina è stata iniettata attraverso un ago di Tuohy (17 G) preventivamente posizionato al di sotto del terzo medio del menisco laterale. Una graduale pressione sulla membrana è stata applicata inizialmente con il palpatore e successivamente esercitando uno stress in valgo per meglio adattarla al difetto. In presenza di soluzione salina, stabilità e tenuta dell’impianto sono stati valutati con movimenti in flesso-estensione del ginocchio. Nel periodo postoperatorio, l’articolazione è stata immobilizzata con un bendaggio compressivo per 24 ore. Esercizi di potenziamento isometrico e CPM sono iniziati dal secondo giorno con un ROM di 0°-30°, incrementato quotidianamente di 5°. Un carico parziale è stato concesso a 40 giorni, completo a 10 settimane dall’intervento. Nuoto e cyclette sono stati proposti dal quinto mese, mentre attività fisiche con impatti ripetitivi (calcio, basket, ecc.) dall’undicesimo. Per la valutazione clinico-funzionale sono state utilizzate le seguenti scale: ICRS, Cincinnati modificata, IKDC, Lysholm II e la Tegner. A 6 e 12 mesi dall'intervento è stata eseguita una valutazione RM, associando una Artro–RM a 24 mesi. Risultati: Le caratteristiche strutturali ed ultrastrutturali dei campioni sottoposti a simulazione artroscopica erano sovrapponibili al gruppo di controllo per numero e forma delle cellule. Non sono stati registrati segni di degenerazione cellulare. Al contrario l’analisi dello scaffold ha dimostrato un aumento, in media di circa il 10 %, delle dimensioni degli spazi del network nel gruppo trattato. Non sono state riscontrate complicazioni nel periodo postoperatorio. Ad un follow-up minimo di 2 anni dall'impianto si è registrato un incremento nei punteggi delle schede di valutazione in entrambi i pazienti. La RM ha evidenziato la presenza di tessuto cartilagineo simil-ialino nei difetti trattati. Si è osservato inoltre una buona integrazione dell'impianto con la cartilagine circostante e la riduzione dell'edema nell'osso subcondrale rispetto ai controlli preoperatori. Conclusioni: Il MACI è una tecnica di regola eseguita per via artrotomica ma la sede delle lesioni descritte non poteva essere raggiunta senza sacrificare strutture tendinee e legamentose del ginocchio. L'approccio artroscopico non ha alterato le caratteristiche strutturali dell’impianto ed inoltre ha consentito un'ottima visione delle lesioni. Le dimensioni dei difetti erano tali da non garantire un buon risultato se trattati con tecniche di stimolazione midollare o trapianti osteocondrali. Lo sviluppo di uno strumentario dedicato semplificherà e migliorerà la tecnica artroscopica MACI. Bibliografia: Brittberg M, Peterson L, Sjogren-Jansson E, Tallheden T et al. Articular cartilage engineering with autologous chondrocyte transplantation. A review of recent developments. J Bone Joint Surg Am. 2003; 85-A Suppl 3:109-15. Cherubino P, Grassi F A, Bulgheroni P, Ronga M. Autologous chondrocyte implantation using a collagen membrane. Preliminary report. J Orthopaed Surg 2003; 11(1): 10-15. Ronga M, Grassi FA, Bulgheroni P. Arthroscopic autologous chondrocyte implantation for the treatment of a chondral defect in the tibial plateau of the knee. Arthroscopy 2004; 20(1): 79-84.
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