Il saggio si interroga sulle cause, prima ancora che sugli effetti, della polemica tra Giorgio Del Vecchio e Giovanni Gentile, nell’ambito dello scenario culturale fascista. Più che seguire una traccia storica sui perché delle divergenze teoretiche, nella cultura fascista e nell’idealismo italiano, propone un’analisi filosofica sui germi del neoidealismo italiano, che, nel loro diverso utilizzo, si mostrano come il motivo dominante della differente costruzione giuridico-concettuale di due diverse filosofie del diritto. Da un’analisi attenta delle fonti risulta facile, infatti, riscontrare come ci fosse consapevolezza, nei due studiosi dell’età fascista, che la divergenza di pensiero giuridico dipendesse da una divergenza di Weltanschauung filosofica, prima ancora che politica. Rileva, in tal senso, particolarmente, il diverso utilizzo fatto da entrambi della filosofia di Antonio Rosmini Serbati al fine di studiare il senso filosofico dei distinguo giuridico-concettuali. In effetti, la filosofia giuridica di Del Vecchio, rispetto a quella di Gentile, si caratterizza per un’assenza di confronto con i temi - sempre più diffusi nelle Facoltà di Filosofia, ma non in quelle di Giurisprudenza, italiane in quegli anni - della Riforma spaventiana della dialettica di Hegel rispetto a quelli neokantiani. L’interesse alle differenze tra le costruzioni concettuali non può però trascurare la vicenda della conflittualità antropologica, prima ancora che politica, tra i due antagonisti. Il conflitto dell’uomo con l’uomo diventa centrale, ancora una volta, attraverso le idee di fortuna e sfortuna in politica, punti di partenza e di conclusione del saggio.

Excusatio non petita, accusatio manifesta. Giorgio del Vecchio e Giovanni Gentile: la sfortuna del giurista e la 'fortuna' del filosofo

PETRILLO, Francesco
2015-01-01

Abstract

Il saggio si interroga sulle cause, prima ancora che sugli effetti, della polemica tra Giorgio Del Vecchio e Giovanni Gentile, nell’ambito dello scenario culturale fascista. Più che seguire una traccia storica sui perché delle divergenze teoretiche, nella cultura fascista e nell’idealismo italiano, propone un’analisi filosofica sui germi del neoidealismo italiano, che, nel loro diverso utilizzo, si mostrano come il motivo dominante della differente costruzione giuridico-concettuale di due diverse filosofie del diritto. Da un’analisi attenta delle fonti risulta facile, infatti, riscontrare come ci fosse consapevolezza, nei due studiosi dell’età fascista, che la divergenza di pensiero giuridico dipendesse da una divergenza di Weltanschauung filosofica, prima ancora che politica. Rileva, in tal senso, particolarmente, il diverso utilizzo fatto da entrambi della filosofia di Antonio Rosmini Serbati al fine di studiare il senso filosofico dei distinguo giuridico-concettuali. In effetti, la filosofia giuridica di Del Vecchio, rispetto a quella di Gentile, si caratterizza per un’assenza di confronto con i temi - sempre più diffusi nelle Facoltà di Filosofia, ma non in quelle di Giurisprudenza, italiane in quegli anni - della Riforma spaventiana della dialettica di Hegel rispetto a quelli neokantiani. L’interesse alle differenze tra le costruzioni concettuali non può però trascurare la vicenda della conflittualità antropologica, prima ancora che politica, tra i due antagonisti. Il conflitto dell’uomo con l’uomo diventa centrale, ancora una volta, attraverso le idee di fortuna e sfortuna in politica, punti di partenza e di conclusione del saggio.
2015
978-88-97524-40-3
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11695/61790
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact