Il saggio tratta del rapporto di de Chirico con il ritratto (e l'autoritratto), genere di grande importanza nella sua produzione e al quale ha dato un grande contributo all'interno della storia dell'arte del XX secolo. Passando dall’architettura alla natura morta, dal ritratto alla statua e al manichino, de Chirico ha stravolto regole, tecniche e generi seguendo sempre e soltanto la chiaroveggenza del suo occhio: il suo sguardo metafisico resterà dunque capace di cogliere tutto sotto un altro angolo, di scendere nella “profondità abitata” del mondo e di scoprire, grazie alla sua pittura, il demone di Eraclito e del meriggio di Zarathustra che si nascondono nelle spettralità pietrificanti degli oggetti, dei corpi e dei volti. Il saggio tratta del famoso autoritratto "Et quid amabo nisi quod aenigma est?" del 1911, del suo legame con Nietzsche (di cui ripete la posa melanconica di una celebre foto) e del suo collegamento con le Piazze d'Italia della prima Metafisica. Viene analizzato poi il "Ritratto di Guillaume Apollinaire" del 1914 e la sua relazione con il tema della cecità profetica della figura in primo piano e dei manichini. Si conclude poi con il tema della "spettralità" enigmatica che pervade i suoi multiformi autoritratti e i ritratti della moglie Isa, un tema che impregna la rivelazione della bella materia pittorica “sostanza della grande pittura” che – scrive de Chirico – “possiede il suo lato profondamente metafisico".

Il volto e lo spettro. Ritratto, statua e manichino nella Metafisica di Giorgio de Chirico / The face and the Spectre. Portrait, Statue and Mannequin in Giorgio de Chirico's Metaphysical Art

CANOVA, Lorenzo
2013-01-01

Abstract

Il saggio tratta del rapporto di de Chirico con il ritratto (e l'autoritratto), genere di grande importanza nella sua produzione e al quale ha dato un grande contributo all'interno della storia dell'arte del XX secolo. Passando dall’architettura alla natura morta, dal ritratto alla statua e al manichino, de Chirico ha stravolto regole, tecniche e generi seguendo sempre e soltanto la chiaroveggenza del suo occhio: il suo sguardo metafisico resterà dunque capace di cogliere tutto sotto un altro angolo, di scendere nella “profondità abitata” del mondo e di scoprire, grazie alla sua pittura, il demone di Eraclito e del meriggio di Zarathustra che si nascondono nelle spettralità pietrificanti degli oggetti, dei corpi e dei volti. Il saggio tratta del famoso autoritratto "Et quid amabo nisi quod aenigma est?" del 1911, del suo legame con Nietzsche (di cui ripete la posa melanconica di una celebre foto) e del suo collegamento con le Piazze d'Italia della prima Metafisica. Viene analizzato poi il "Ritratto di Guillaume Apollinaire" del 1914 e la sua relazione con il tema della cecità profetica della figura in primo piano e dei manichini. Si conclude poi con il tema della "spettralità" enigmatica che pervade i suoi multiformi autoritratti e i ritratti della moglie Isa, un tema che impregna la rivelazione della bella materia pittorica “sostanza della grande pittura” che – scrive de Chirico – “possiede il suo lato profondamente metafisico".
2013
978-88-89965-337
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