Schiller è stato senza dubbio anche un poeta lirico. Che vi sia una teoria schilleriana della lirica è invece questione controversa e certamente non si trova nei suoi scritti teorici una trattazione normativa o sistematica della lirica in quanto genere letterario specifico. Egli ha tuttavia affiancato alla propria produzione poetica una costante autoriflessione che riguarda sia le forme, sia i contenuti del poetare. In particolare, dalle discussioni epistolari con Körner e con Wilhelm von Humboldt, così come da alcuni scritti critici (la Bürger-Rezension e la Matthisson-Rezension, ad esempio) emerge l’idea di una sorta di priorità „genetica“ della poesia lirica, intesa come forma pura, perché non compromessa con l’oggettività di un contenuto, dell’espressione della soggettività. Ciò naturalmente non nel senso della Erlebnislyrik quanto piuttosto di una concezione della soggettività che distingue nettamente tra individuo e persona. L’individualità è infatti per Schiller primariamente individualità empirica, legata alle caratteristiche e alle idiosincrasie del singolo, che non coincidono necessariamente con le strutture universali del soggetto, con „ciò che permane“ della soggettività ed è in quanto tale comunicabile e condivisibile con altri. Su questa dimensione universale del soggetto, che non riguarda beninteso le sole strutture della ragione ma include la costituzione sensibile dell’uomo, l’immaginazione poetica fonda la sua pretesa di suscitare sentimenti ed impressioni determinate, lasciando però libera l’immaginazione del fruitore. A partire da tale apparentemente ossimorica assunzione di fondo Schiller costruisce una concezione simbolica della poesia che ha nella sua produzione poetica, e soprattutto nella Gedankenlyrik il suo luogo di sperimentazione.

Individualität und Ideal. Zur Lyriktheorie Schillers und Wilhelm von Humboldts

PINNA, Giovanna
2008-01-01

Abstract

Schiller è stato senza dubbio anche un poeta lirico. Che vi sia una teoria schilleriana della lirica è invece questione controversa e certamente non si trova nei suoi scritti teorici una trattazione normativa o sistematica della lirica in quanto genere letterario specifico. Egli ha tuttavia affiancato alla propria produzione poetica una costante autoriflessione che riguarda sia le forme, sia i contenuti del poetare. In particolare, dalle discussioni epistolari con Körner e con Wilhelm von Humboldt, così come da alcuni scritti critici (la Bürger-Rezension e la Matthisson-Rezension, ad esempio) emerge l’idea di una sorta di priorità „genetica“ della poesia lirica, intesa come forma pura, perché non compromessa con l’oggettività di un contenuto, dell’espressione della soggettività. Ciò naturalmente non nel senso della Erlebnislyrik quanto piuttosto di una concezione della soggettività che distingue nettamente tra individuo e persona. L’individualità è infatti per Schiller primariamente individualità empirica, legata alle caratteristiche e alle idiosincrasie del singolo, che non coincidono necessariamente con le strutture universali del soggetto, con „ciò che permane“ della soggettività ed è in quanto tale comunicabile e condivisibile con altri. Su questa dimensione universale del soggetto, che non riguarda beninteso le sole strutture della ragione ma include la costituzione sensibile dell’uomo, l’immaginazione poetica fonda la sua pretesa di suscitare sentimenti ed impressioni determinate, lasciando però libera l’immaginazione del fruitore. A partire da tale apparentemente ossimorica assunzione di fondo Schiller costruisce una concezione simbolica della poesia che ha nella sua produzione poetica, e soprattutto nella Gedankenlyrik il suo luogo di sperimentazione.
2008
978-3-412-20148-7
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