“L’educazione estetica di Schiller è un capolavoro”: così scriveva Hegel a Schelling nel 1795. Il giudizio entusiastico del giovane filosofo, allora precettore a Berna, è la prima attestazione esplicita dell’importanza che Hegel attribuiva al contributo teorico di quello che molti anni dopo, nelle lezioni di estetica a Berlino, definì “un poeta che era anche un profondo spirito filosofico”, e non voleva essere una diminutio. Il confronto costante non solo con le dottrine estetiche di Schiller, ma anche con la sua produzione poetica e drammaturgica emerge dalla rete di riferimenti e di citazioni più o meno manifeste riscontrabile in molti scritti hegeliani, dai frammenti giovanili sino all’esposizione del sistema nei grandi cicli di lezioni berlinesi. Il più noto ed articolato giudizio di Hegel sulla concezione schilleriana del bello, contenuto nella parte introduttiva delle lezioni di estetica, attribuisce a Schiller un ruolo essenziale per la fondazione di una concezione scientifica dell’arte, riconoscendogli in un certo senso lo status di iniziatore dell’estetica idealistica e implicitamente di precursore delle proprie concezioni. Ma si tratta solo di un punto di arrivo, che ha dietro di sé una lunga e diversificata frequentazione di diverse tipologie di testi schilleriani. Se infatti da un lato i grandi scritti teorici come le Lettere sull’educazione estetica dell’uomo e Grazia e dignità dapprima catalizzano la riflessione sulle possibilità di superamento del soggettivismo morale kantiano in una prospettiva ancora prevalentemente filosofico-religiosa e politica e successivamente forniscono spunti per l’elaborazione di un’estetica speculativa, dall’altro le poesie, segnatamente quelle di ispirazione filosofica (la cosiddetta Gedankelyrik), oltre ad essere oggetto di interpretazione filosofica appaiono come una sorta di sedimento intellettuale cui Hegel attinge in contesti diversi per sottolineare e dare evidenza intuitiva alle proprie argomentazioni. Vi sono poi le tragedie, anch’esse evidentemente oggetto di una intensa fruizione letteraria e teatrale, che costituiscono uno dei riferimenti principali per la definizione del soggetto moderno nell’estetica hegeliana e, insieme agli scritti sul sublime, per la discussione sulla tragedia post-classica. Ricostruire per sommi capi le tappe e gli elementi salienti di questo produttivo confronto è lo scopo del presente contributo, che si articola in tre parti: 1. l’influsso degli scritti schilleriani sulla critica del giovane Hegel a Kant e l’elaborazione dell’idea della cosiddetta mitologia della ragione, in dialogo con Schelling e soprattutto con Hölderlin; 2. l’interpretazione delle tragedie schilleriane, a partire dallo scritto sul Wallenstein del 1801, che si impernia sulla questione della possibilità del pathos tragico e del rapporto tra individuo e fondamento etico nella modernità; la rilevanza di temi schilleriani per la definizione di alcuni snodi fondamentali dell’estetica di Hegel: il concetto di apparenza, l’idea della conciliazione estetica, il passaggio tra classico e romantico.

Hegel e Schiller

PINNA, Giovanna
2014-01-01

Abstract

“L’educazione estetica di Schiller è un capolavoro”: così scriveva Hegel a Schelling nel 1795. Il giudizio entusiastico del giovane filosofo, allora precettore a Berna, è la prima attestazione esplicita dell’importanza che Hegel attribuiva al contributo teorico di quello che molti anni dopo, nelle lezioni di estetica a Berlino, definì “un poeta che era anche un profondo spirito filosofico”, e non voleva essere una diminutio. Il confronto costante non solo con le dottrine estetiche di Schiller, ma anche con la sua produzione poetica e drammaturgica emerge dalla rete di riferimenti e di citazioni più o meno manifeste riscontrabile in molti scritti hegeliani, dai frammenti giovanili sino all’esposizione del sistema nei grandi cicli di lezioni berlinesi. Il più noto ed articolato giudizio di Hegel sulla concezione schilleriana del bello, contenuto nella parte introduttiva delle lezioni di estetica, attribuisce a Schiller un ruolo essenziale per la fondazione di una concezione scientifica dell’arte, riconoscendogli in un certo senso lo status di iniziatore dell’estetica idealistica e implicitamente di precursore delle proprie concezioni. Ma si tratta solo di un punto di arrivo, che ha dietro di sé una lunga e diversificata frequentazione di diverse tipologie di testi schilleriani. Se infatti da un lato i grandi scritti teorici come le Lettere sull’educazione estetica dell’uomo e Grazia e dignità dapprima catalizzano la riflessione sulle possibilità di superamento del soggettivismo morale kantiano in una prospettiva ancora prevalentemente filosofico-religiosa e politica e successivamente forniscono spunti per l’elaborazione di un’estetica speculativa, dall’altro le poesie, segnatamente quelle di ispirazione filosofica (la cosiddetta Gedankelyrik), oltre ad essere oggetto di interpretazione filosofica appaiono come una sorta di sedimento intellettuale cui Hegel attinge in contesti diversi per sottolineare e dare evidenza intuitiva alle proprie argomentazioni. Vi sono poi le tragedie, anch’esse evidentemente oggetto di una intensa fruizione letteraria e teatrale, che costituiscono uno dei riferimenti principali per la definizione del soggetto moderno nell’estetica hegeliana e, insieme agli scritti sul sublime, per la discussione sulla tragedia post-classica. Ricostruire per sommi capi le tappe e gli elementi salienti di questo produttivo confronto è lo scopo del presente contributo, che si articola in tre parti: 1. l’influsso degli scritti schilleriani sulla critica del giovane Hegel a Kant e l’elaborazione dell’idea della cosiddetta mitologia della ragione, in dialogo con Schelling e soprattutto con Hölderlin; 2. l’interpretazione delle tragedie schilleriane, a partire dallo scritto sul Wallenstein del 1801, che si impernia sulla questione della possibilità del pathos tragico e del rapporto tra individuo e fondamento etico nella modernità; la rilevanza di temi schilleriani per la definizione di alcuni snodi fondamentali dell’estetica di Hegel: il concetto di apparenza, l’idea della conciliazione estetica, il passaggio tra classico e romantico.
2014
978-88-15-24827-5
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